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[ sendas de freire ] - Institutpaulofreire.org

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Ma la coperta <strong>de</strong>ll’uguaglianza è diventata ormai troppo corta e<br />

non riesce più a nascon<strong>de</strong>re la realtà, pur ren<strong>de</strong>ndo difficile la lettura<br />

<strong>de</strong>lle sue contraddizioni: di fatto assistiamo infatti a una frammentazione<br />

individualistica e specialistica <strong>de</strong>l corpo sociale, assestata su linee<br />

gerarchiche di disuguaglianze crescenti, non solo di potere economico<br />

ma anche di capacità effettive di partecipare, di <strong>de</strong>ci<strong>de</strong>re, di allargare<br />

gli orizzonti <strong>de</strong>lla propria vita e <strong>de</strong>lla convivenza umana in modo originale<br />

e libero. Porto un esempio: se prendiamo sul serio quella che ormai<br />

è diventata una parola d’ordine, quasi un imperativo morale <strong>de</strong>lle nostre<br />

società e <strong>de</strong>lle nostre scuole, ossia l’elogio <strong>de</strong>lle differenze, vediamo<br />

che la realtà è assai più complessa e problematica.<br />

Un anno fa, in un noto quotidiano italiano Luce Irigaray ha pubblicato<br />

un articolo dal titolo “Come accogliere le differenze”, riflettendo<br />

a partire da sé, donna appartenente al Nord <strong>de</strong>l mondo. E dice: “: “È<br />

vero: ci troviamo ormai sempre a un bivio. A cosa serve negarlo? Ciò<br />

corrispon<strong>de</strong> alla nostra condizione storica, quella che dobbiamo assumere<br />

pena il tradimento <strong>de</strong>lla nostra umanità. Siamo ormai a ogni<br />

momento fuori dalla casa, all’aperto, incontrando e confrontandoci<br />

con realtà strane per cui dobbiamo inventare nuovi gesti, nuove parole,<br />

nuovi atteggiamenti. Ammesso che siamo ancora talvolta al caldo e a<br />

coccolarci in un ambito familiare, appena usciamo per strada, ci troviamo<br />

in croce, cioè a un bivio. (…) Rifiutare l’apertura ad altre culture e<br />

tradizioni equivarrebbe a una diffi<strong>de</strong>nza rispetto alla nostra, a una paura<br />

di scoprire che essa non sia valida. Interrogarle come il partorire e il<br />

crescere <strong>de</strong>ll’umano nella sua diversità e nelle proprie traversate <strong>de</strong>l <strong>de</strong>serto,<br />

sembra più spirituale come atteggiamento. E sembra meglio che<br />

giocare a spartire noi stessi la nostra verità per fingere di condivi<strong>de</strong>rla<br />

con parecchi. Certo, ci troviamo così sempre a un bivio, incrociando<br />

l’altro nel rispetto <strong>de</strong>lle nostre differenze. Ma questa è forse la croce che<br />

abbiamo oggi da vivere in noi stessi, in un modo poco visibile. Sarebbe<br />

augurabile condivi<strong>de</strong>rla con l’altro a ogni bivio <strong>de</strong>l cammino, e portare<br />

insieme più avanti lo sbocciare <strong>de</strong>lla nostra umanità.”<br />

Si tratta dunque di un bivio che si apre davanti alle nostre società,<br />

un bivio che rappresenta una nuova possibilità, ma è al tempo stesso<br />

anche una croce da condivi<strong>de</strong>re con l’altro, per ciascuna e ciascuno di<br />

noi: dico una croce per la paura, la fatica, l’imbarazzo che ci provoca;<br />

perchè siamo all’aperto, non protetti dalle nostre case consuete di pensiero<br />

e di parola, e la nostra cultura <strong>de</strong>l controllo, <strong>de</strong>lla previsione e <strong>de</strong>lla<br />

programmazione non ci aiuta ad affrontare il rischio <strong>de</strong>ll’incontro,<br />

[ <strong>sendas</strong> <strong>de</strong> <strong>freire</strong> ]

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