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Il Corano e la Bibbia alla luce della storia e della scienza (Campbell)

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considerati ciò che avrei desiderato che essi affermassero. Spetta<br />

al lettore giudicare se sono perfettamente riuscito a control<strong>la</strong>re i<br />

miei partiti presi.<br />

Ma anche perché scegliere questo termine “presupposto” di<br />

preferenza ad altri, come: postu<strong>la</strong>to, a priori, partito preso, ipotesi.<br />

Alcuni di questi sinonimi sarebbero più appropriati nel<strong>la</strong> lingua<br />

scientifica (ipotesi, postu<strong>la</strong>to), altri in filosofia. Ma senza dubbio<br />

il lettore non è uno specialista di queste scienze. Comprenderà<br />

certamente meglio le espressioni “pregiudizio” o “partito preso” o<br />

“presupposto”. Visto che, quest’ultimo termine è spesso usato in<br />

parecchi libri ed è allo stesso tempo comprensibile ad ogni lettore<br />

non iniziato alle finezze del linguaggio degli specialisti, ho optato<br />

per l’impiego di questa paro<strong>la</strong>.<br />

Tutti noi viviamo con dei presupposti. Ma è proprio inutile<br />

moltiplicarli. È questo che un filosofo inglese del XIV secolo,<br />

William of Occam, ha espresso:<br />

“Essentia non sunt multiplicanda praeter necessitatem” cioè “i<br />

presupposti di base (sul<strong>la</strong> natura essenziale delle cose) non devono<br />

essere invocati al di là del<strong>la</strong> semplice necessità”.<br />

Viviamo tutti con dei presupposti, ma questa frase, conosciuta<br />

talvolta con il nome di “rasoio d’Occam” ricorda costantemente che<br />

bisogna, allo stesso modo di un rasoio o di un coltello, sopprimere i<br />

presupposti inutili e riconoscere bene quelli che utilizziamo.<br />

Teniamo bene in mente che ogni volta che creiamo un<br />

presupposto, per quanto minimo sia, apriamo una nuova strada in<br />

un <strong>la</strong>birinto. Quando siamo davanti ad un vicolo cieco nel nostro<br />

ragionamento tentiamo una NUOVA pista da esplorare.<br />

Ci appoggiamo tutti su dei presupposti per risolvere dei problemi<br />

o conciliare delle divergenze. Vedremo, ad esempio, al capitolo I<br />

del<strong>la</strong> terza sezione, che i sostenitori dell’alta critica hanno fatto il<br />

presupposto che Mosè non poteva conoscere <strong>la</strong> scrittura.<br />

Allo stesso modo, al capitolo II del<strong>la</strong> prima sezione, il dott. Bucaille<br />

presuppone che <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> “fumo” usata nel <strong>Corano</strong> indicherebbe<br />

i gas primitivi; gli studiosi cristiani presuppongono che <strong>la</strong> paro<strong>la</strong><br />

“acqua” usata nel<strong>la</strong> <strong>Bibbia</strong> ha lo stesso senso.<br />

Mostreremo, al capitolo II del<strong>la</strong> quarta sezione, che il dott. Torki<br />

formu<strong>la</strong> alcuni presupposti nel suo studio dei sette cieli.<br />

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