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- 2 Benaco completo De Rossi testo - Archivi del Garda

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Quelli tra i proprietari che non volessero far parte <strong>del</strong>la Società,<br />

se ne starebbero fuori, ben s'intende; ma essi stessi, per<br />

non restar indietro, per vincere la concorrenza sarebbero alla<br />

fine obbligati a migliorare la loro produzione, e così egualmente<br />

ne verrebbe beneficio alla regione 1 .<br />

L'idea <strong>del</strong>le Cantine sociali è passata da assai tempo nel<br />

campo <strong>del</strong>la pratica in molti luoghi, per opera di animose e intelligenti<br />

persone che non stanno colle mani alla cintola brave<br />

soltanto nel criticare i fatti altrui.<br />

In Germania funziona da molti anni una Cantina sociale nella<br />

valle <strong>del</strong> Reno che produce quei famosi vini che<br />

1 Il prodotto <strong>del</strong> vino potrebbe essere da noi duplicato in pochissimi anni, quando<br />

si facessero degli impianti nuovi in zone di territorio quasi abbandonate - e<br />

non sono poche sulle due rive -, dalle quali oggi nulla si raccoglie fuorché qualche<br />

quintale di magrissimo fieno. Ma anche volendo mantenere la quantità di<br />

terreno oggi vitato, si otterrebbe lo stesso effetto rendendo più intensa la coltivazione<br />

e abbandonando affatto nel vigneto ogni altra coltura. I pratici ben sanno<br />

che dalla coltura intensiva <strong>del</strong>la vite assai più e con minor spesa si ricava che<br />

dalla coltura estensiva. Sono idee che entrano difficilmente nella testa <strong>del</strong> contadino,<br />

il quale in generale a quattro sacchi di grano turco sacrifica volentieri<br />

otto ettolitri di vino; ma però insistendo e istruendo finiscono coll’entrare nelle<br />

teste più dure, I proprietari <strong>del</strong> <strong>Benaco</strong> sanno benissimo l'aspra guerra che hanno<br />

dovuto sostenere coi loro contadini per indurli a zolforare la vite quando la<br />

malattia <strong>del</strong>l’oidium Tuheri flagellava i loro vigneti come quelli di tutta Italia. So<br />

di taluni che incapaci a vincere la feroce ostinatezza <strong>del</strong> loro mezzadro, si videro<br />

costretti a dividere temporaneamente i terreni vitati e a far venire zolforatori<br />

dalla Toscana, rifiutandosi il contadino nostro a quest'opera. Sulla parte sua il<br />

padrone faceva spargere lo zolfo, il mezzadro no su quella assegnatagli; la conclusione<br />

è facile imaginarla. In assai minori proporzioni si manifestò la resistenza<br />

dei contadini alla cura <strong>del</strong>la peronospora, e non vi fu bisogno di ricorrere alla<br />

divisione dei terreni, o soltanto in qualche luogo fu minacciata. Da ciò chiaro<br />

risulta che nei 30 anni passati dalla comparsa <strong>del</strong>l’oidium a quella <strong>del</strong>la peronospora,<br />

il contadino s'è un po' educato a capire che la nuova cura che si imponeva<br />

alla vite non era un capriccio né un sopruso <strong>del</strong> padrone, ma una necessità<br />

che tornava di vantaggio anche a lui. Il dire quindi che il contadino non s'arrenderebbe<br />

mai ad abbandonare certe colture per dar intere le sue fatiche e il suo<br />

danaro alla vite, è un buon pre<strong>testo</strong> per non far nulla, al proprietario che ha la<br />

vista corta, o non vuol fastidi, o se ne infischia <strong>del</strong> miglioramento proprio e degli<br />

altri.<br />

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