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- 2 Benaco completo De Rossi testo - Archivi del Garda

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qualche <strong>del</strong>icato boccone. E chi sa quanti e ben grossi cinghiali e<br />

pingui leprotti e cervi saranno rimasti vittime nelle trappole e<br />

nei lacci abilmente tesi da quella folla di antichi plebei nostri<br />

padri; forse più assai di quelli caduti sotto gli spiedi e i coltelli<br />

dei privilegiati cacciatori. E che lieti mangiari e larghe risa e saporite<br />

facezie avranno accompagnato, nel silenzio <strong>del</strong>le remote<br />

casuccie, l'arrosto fumante dall'astuzia sottratto alla succulenta<br />

mensa <strong>del</strong> signore! Ma quante vendette altresì, quante vittime,<br />

quanti martiri, che gli archivi non svelano, ma il cuore indovina!<br />

Non è esagerazione il dire che la caccia, durante la dominazione<br />

dei Longobardi e dei Franchi, e ancora dopo per lungo<br />

tempo, fu una febbre, un <strong>del</strong>irio. Il Muratori ci avverte che più<br />

volte i Concilii ebbero a vietarne l'esercizio ai chierici e ai vescovi<br />

come non adatto a persone che rivestivano un carattere sacro;<br />

convien credere che ben scandalosi e intollerabili fossero<br />

gli abusi che per causa <strong>del</strong>la caccia doveano lamentarsi se si<br />

trovava necessario proibire così lecito divertimento.<br />

Ma la voce dei Concilii suonava al deserto, che forse coloro<br />

stessi che il vizio altrui rimproveravano n'erano infetti, e<br />

all’occorrenza sapevan poi turarsi ben bene occhi ed orecchi.<br />

La caccia col falcone e lo sparviere, portata in Italia, secondo<br />

il Muratori, nel IV° secolo dall’Europa settentrionale, dove - come<br />

in Asia - era assai più antica, era la preferita e formava la<br />

<strong>del</strong>izia dei signori e <strong>del</strong>le dame. Qui durò certo fino al decimo<br />

sesto secolo, quando già era comune l'uso <strong>del</strong>le armi da fuoco 1 .<br />

Ne fa fede il Gratarolo, il quale nel 1587 scriveva che sul <strong>Benaco</strong><br />

si prendevano uccelli «con sparavieri, di quali anco si pigliano<br />

1 «Chi potrebbe mai credere o conoscere» esclama Agostino Gallo, che a queste<br />

caccie assisteva in nobili comitive nella campagna bresciana «qual contento sia<br />

l'avere un bello sparaviero, il quale sia valente nel volare, gagliardo nel pigliare,<br />

pratico nel raccocciare, piacevole nel ritornare, e sempre quieto nel beccare e<br />

nell’incappellare?» (Op. cit. Giorn. 19 a ).<br />

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