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- 2 Benaco completo De Rossi testo - Archivi del Garda

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i compagni loro, fu pubblicato un cru<strong>del</strong>issimo bando che il Dalla<br />

Corte riporta 1 ,<br />

Succedette a Mastino nella carica di Capitano <strong>del</strong>la repubblica,<br />

e si può dire ormai <strong>del</strong>la signoria di Verona, il fratello Alberto<br />

1°, il quale mirò a consolidare la supremazia <strong>del</strong>la sua famiglia<br />

nella città e ad estenderne il dominio. Sotto il suo regime<br />

fu guerra tra Verona, Mantova e<br />

1 In questo tempo probabilmente attraversava il nostro lago fra Dolcino fuggitivo<br />

colla sua fida compagna la bella Margherita di Trenk ch'egli avea sedotta e<br />

rapita dal monastero di s. Catterina in Trento dove s'era introdotto. Il Baggiolini<br />

scrive che fra Dolcino era facondo, paziente nei disagi, destro e disinvolto nel<br />

dominar i cuori, austero di vita almeno in apparenza, pacato di spirito nei pericoli.<br />

La setta di cui egli era capo aveva accettato le teorie degli Albigesi, ed è<br />

conosciuta col nome di Agazari (abborrenti da ricchezze) o Patarmi o Patirini,<br />

come a dire pazienti. Fra Dolcino sempre accompagnato dalla fiera sua Margherita<br />

che spesso gli combatteva a fianco in abiti maschili, nelle montagne che<br />

riparano il Novarese dal Vercellese resistette a lungo coi suoi seguaci alle milizie<br />

collegate dei vescovi di Novara, di Vercelli, <strong>del</strong> signor di Biandrate, dei marchesi<br />

di Caluso e <strong>del</strong> Monferrato. Commise atrocità d'ogni specie e finalmente preso<br />

colla compagna, furon bruciati vivi, lui a Vercelli, lei a Biella. (Baggiolini «Dolcino<br />

e i Patareni» Novara, 1837.)<br />

È fama che una turba di Patarini sbandata abbia trovato rifugio in Sirmione e vi<br />

si sia fortificata molestando poi quegli abitanti e i dintorni con scorrerie e prede<br />

e uccisioni, e che poi vi sia stata cacciata da Mastino 1° <strong>De</strong>lla Scala non senza<br />

fatica. Vuolsi da alcuni (ma non è certo) che il castello Scaligero che anche oggi<br />

si ammira, sia stato appunto da Mastino edificato a difesa <strong>del</strong>la terra dopo che<br />

n'ebbe snidato quegli eretici. Secondo il Da Persico fu eretto sulle rovine di un<br />

altro <strong>del</strong>l'epoca romana, <strong>del</strong> quale non restano ora che poche traccie. La fabbrica<br />

è nello stile detto saracinesco, ancora bene conservata nella parte centrale,<br />

rovinata nei muraglioni e torrette che prospettano il lago a mezzodì. La torre di<br />

mezzo - d'altezza di circa 30 metri - è ancora intatta, e da essa si gode superba<br />

vista sul lago sulle colline e sui monti circostanti: nel pian terreno vi sono anditi<br />

e sotterranei e corridoi in ottimo stato. Un fosso con poca acqua lo cinge, in cui<br />

crescono accatastate le une sulle altre quelle piante di cento forme e grandezze<br />

di cui gl'indotti fanno una gran classe a modo loro, come disse il Manzoni, denominandole<br />

erbacce, e tra esse guazzano e si rincorrono anitre in caccia di<br />

vermi. Il castello - nel quale ora sono gli uffici municipali, la posta e il telegrafo -<br />

è compreso tra i monumenti nazionali.<br />

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