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- 2 Benaco completo De Rossi testo - Archivi del Garda

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poeticamente ricordati dal salodiano Giuseppe Mejo detto Voltolina,<br />

nel suo libro «<strong>De</strong>lla coltura degli orti» dedicato a Isabella<br />

Socia <strong>del</strong>la nobile famiglia dei Soci di Salò, ora spenta. Orto e<br />

giardino spaziosi possedeva egli stesso il gentile poeta nella parte<br />

estrema <strong>del</strong>l'ampio golfo salodiano, là dove l'onda rinserrata<br />

tra le prossime sponde rimbalza e spumeggia nell'infuriare <strong>del</strong><br />

vento, e più soave palpita, quand'è tranquilla, e muore tra bisbigli<br />

e sorrisi ai piedi dei morbidi e vellutati colli che le protendono<br />

in arco le braccia olezzanti.<br />

Nos quod in undosa Benaci fecimus ora,<br />

Quo magis unda furens, boreali est arcta procella,<br />

Qui locus est unus patriae ridentis ocellus.<br />

Corque sinus Saloi, locus unica nostra voluptas 1<br />

1 GIUSEPPE MEJO «<strong>De</strong> hortorum cultura». Lib. 1°. Brescia. 1574. Il luogo dove il<br />

Voltolina aveva suoi orti serba ancora l'antico nome di Tavine: vi si trova oggi un<br />

mulino. Li presso sgorga dal fianco <strong>del</strong>la collina un’acqua pregna di materia calcarea<br />

che tra i fessi ove cola forma <strong>del</strong>le concrezioni a somiglianza di tufi. In<br />

quest'acqua scrive il Gratarolo di aver trovato non pur diverse foglie di alberi,<br />

cannuccie, ramoscelli et herbe, ma gomitoli ancora di refe transformati in durissima<br />

pietra. Colà pure esistevano in antico, scavati ed ornati dall’acqua stessa,<br />

antri benissimo incrostati di tuffi che paiono lavorati ad arte; nei quali, secondo<br />

la fantasia popolare, abitavano certe ninfe dette Aiguane, probabilmente da<br />

aigua, che nel dialetto rustico <strong>del</strong>la riva di occidente (come già in lingua provenzale<br />

e poi nell'italiana antichissima) significa acqua. Queste Aiguane dolcissimamente<br />

cantando, allettavano i pescatori e i viandanti, non diversamente dalle<br />

Sirene <strong>del</strong> mar di Sicilia. Invidiosi i diavoli <strong>del</strong>la possanza loro, s'eran dati a<br />

perseguitarle inseguendole di notte e facendone strage, così che molte ne avevano<br />

già uccise; se non che non potevano prenderle se nella caccia non erano<br />

aiutati da qualche uomo che li favorisse di alcuna parola. Narrasi che una notte<br />

passando un villano per quel luogo e sentendo rumore e imaginandolo prodotto<br />

da cani intesi a scovar qualche lepre, si pose a gridare: piglia, piglia. Il mattino<br />

seguente, inchiodata sulla porta di casa sua, trovò una mano di donna colle dita<br />

unite da una pelle come i piedi degli uccelli acquatici. «Fu giudicato» scrive il<br />

Gratarolo che questa favola riferisce «che fosse mano d'una di quelle Aiguane e<br />

che 'l diavolo gliela havesse inchiodata per dargli parte <strong>del</strong>la caccia ch'havea<br />

fatta aiutato da lui».<br />

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