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storia dell'isola d'ischia giuseppe d'ascia - La Rassegna d'Ischia

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fuoco dalla terra angusta, al mare spazioso, che retrocedette, per dar posto alle ignee correnti, onde lospecchio di tale fisico sconvolgimento giungesse, circondato di solenne tristo apparato fino ai più tardiposteri, qual irremovibile monumento di sua prisca potenza (56).CAPITOLO VNuovi OccupatoriEransi l’Epomeo acchetato, l’oscillante suolo consolidato, raffreddate le lave vulcaniche; quindi principiavala natura a sorgere da mezzo alcune ceneri ed a fecondare fra la desolazione.L’isola non incutendo più terrore richiamò i Partenopei, e questi vennero ad approfittare dei sudori de’Siracusani occupando quei vigneti nei punti risparmiati dall’eruzione de’ Caccavelli (57).Ma poteano in quei tempi di lotte, e di partiti, Partenope ed i suoi popoli rimanere a galla nel comunegenerale politico tramestio?--- Certo che no...... e così fu!Quantunque la crescente potenza Romana, avesse consigliata Napoli, repubblica italo-greca, a collegarsia lei, sotto il secondo consolato di Q. P. Filone (58); pure cominciava la potente Campania asnervare il suo dominio, e a indebolire il suo potere.A tutto ciò aggiungevansi le dissenzioni civili che serpeggiavano pel continente Italo-Greco, frutto diuna sbrigliata demagogia, la quale lo sbalzava ad una tirannia atroce.Al lusso ed alla lautezza, che nella magna Grecia e nella Sicilia, concorrevano alla decadenza delpotere siculo-campano, si univa la guerra che avea disertati quei popoli, ed a questa si accoppiava l’incordodesio di guadagno, che attirava i superstiti al commercio.Così delle loro terre la difesa era affidata ad uomini mercenari, i quali privi di sentimento di amor dipatria, vendevano il loro braccio a chiunque più destro avesse avuto danari per comprarselo, e cedevanole terre a chiunque avido ed ardito avesse saputo signoreggiarle.Se così avveniva delle illustri, potenti e famose città; come non dovea di peggio accadere alla quasiselvaggia Pitecusa o Enaria - come Ischia allora chiamavasi - trastullo ridotta dell’adirata frementenatura e di avidi avventurieri.Travagliata questa da interne rivoluzioni che l’Epomeo alimentava nel suo seno, ove Tifeo incatenato56) Vedi Capit. 3 § 3. I Parte pag. 34 e Note da 57 a 64 detta Parte I.57) Strabone Geograph. lib. V. pag. 248 – Quam vicini Neapolitani postea accidentes (insulam Pithecusam).58) Nicola Carletti. Prefazione sulla città e Cratere di Napoli pag. 33.18

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