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storia dell'isola d'ischia giuseppe d'ascia - La Rassegna d'Ischia

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Né altrimenti procedeva alla parte boreale, al Bagno, al Castiglione alla Cercola, diminuendo gradatamente,dove più dove meno verso maestro sulle terre del <strong>La</strong>cco, fin dentro al confine del tenimento diForio.Presso il Bagno lasciava intiera la vigna di Aveta in luogo basso non ventilato, chiuso da muro, circondatoda agrumi, e nella parte superiore da selve cedue castagnili; mentre danneggiava il male piùo meno forte le circostanti vigne elevate in vista al mare, anche sul piano di Castiglione, nelle stessecondizioni di quella d’Aveta.Sulle coste meridionali dell’isola imminenti al mare, tra Piano Liguori e San Pangrazio, i Succellaride’ Maronti e Sant’Angelo non ne apparve segno.Solo la malattia mostravasi a Testaccio indiriggendosi a Fontana pei Monti, intono al di sopra SantaMaria del Monte di Forio, dove finiva la coltura delle viti.Venne il 1852 e la malattia comparve più indensa, e quantunque si fosse creduto che per la pioggiacaduta ai 2 di Giugno di quell’anno, il male si sarebbe frenato, come pareva, pure più ferocemente attaccòil frutto, e per soprappiù altro malore nel volger di Maggio si aggiunse, chiamato dai vignaiuolicoll’epiteto di zella, che accoppiatasi alla crittogama sparse la miseria, lo squallore, la disperazione neipallidi e scoraggiati che vedevano disperdersi i loro sudori, il loro sostanziale alimento; tutto quello checostituiva l’unico mezzo della loro esistenza.E pure in quell’anno alla parte occidentale dell’isola sulle vigne dell’agro Foriano, molta parte delprodotto era rimasta illesa, e forse le uve di questi terreni erano state lì più risparmiate dalla crittogama;ma una terribile gragnuola caduta verso le 11 a.m. nel 10 Settembre rovinò tutto, ed in un istante spogliòle viti di frutto e foglie, in modo che sembravano quei tralci e squallidi come al tempo della putazionein pieno inverno.Si raccolsero immantinenti quei flagellati avanzi, si pigiarono, se ne detrasse il mosto, si fé questofermentare, si imbottò; vino ottimo divenne, ed a vantaggioso prezzo fu venduto.Fu quella l’ultima uva, che naturalmente si raccolse: l’ultimo mosto che senza infezione e medicinafermentò nei palmenti dell’isola d’Ischia.§ 4I Tre LiparotiEra verso gli ultimi mesi del 1855 quando apparivano tre popolani dell’isola di Lipari in Sicilia fra leammiserite e squallide popolazioni dell’isola d’Ischia.Essi si avvicinavano ad un bettoliere del Comune di Forio e timidamente annunziavano che, conoscevanolo specifico per salvare le uve dalla crittogama; specifico che avrebbero posto a profitto de-30

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