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storia dell'isola d'ischia giuseppe d'ascia - La Rassegna d'Ischia

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L’affetto per la vittima irritò Caterina, per cui giurò di far pagare, alla brigata, a caro prezzo il sanguesparso del suo amato fratello.Aspettò la sera di un solenne dì festivo, sapendo, che, quella sbirraglia priva di disciplina e di educazione,non si sarebbe in tale serata ritirata in caserma, senza essersi avvinazzata da ridurre branco dianimali.Venuto il giorno desiderato, Caterina approfittava dell’universale baccano della festa (baccano ed orgiain cui vanno a consistere le festività religiose per la maggior parte de’ cattolici), perché gli stravizzidella giornata disertavano più presto le strade, in quel paese rurale, dagli ubbriachi e stanchi operai;per lo che, scorsa appena la prima metà della notte, si unì ad una sua cugina di pari indole coraggiosa,e seguito da tutto il parentado, che ascendevano a circa quarant’uomini risoluti, si portò ad assalire gliarmigeri nella loro stessa caserma, posta al lido del mare, verso la spiaggia di Monticchio, propriamenteaccosto la porta del paese.Era la caserma composta di unica stanzuccia a pianterreno, che serviva per corpo di guardia e perdormitorio.Gli sbirri sopraffatti dal vino giacevano sul tavolato come maiali, e i loro corpi sarebbero sembratiinanimati, se non avessero russato in modo che lo strepito si sentiva da fuori, e servì ad avvertire laCaterina, che il momento era proprizio ai suoi disegni.Gli uomini ben armati, chi di ferro, chi di schioppo, chi di strumenti rurali, chi munito di zolfo, e polvere,ed altri portanti scale, legna, zappe e pali di ferro, tutti istrutti del proprio incarico della assegnataazione, si apprestarono alla caserma.Caterina fa piazzare le scale e coll’altra compagna monta sul tetto, da altri fa occupare il loggiato, chesporgeva sul mare sottoposto, verso ponente, per togliere l’uscita ai prigionieri in quel lato, nel casoche volessero trovare uno scampo dalla parte del mare; lascia altra mano di armati a guardia della portad’entrata per impedir la fuga o la resistenza.Sul tetto della casa vi esisteva il coverchio del condotto del fumo che comunicava al focolare, ch’eranella stessa stanza: Caterina lo toglie, ordina che le portino le legna, il zolfo e la polvere: si accorgeche il loggiato è coverto da borre e fascine di mirti già secche, trova queste legna più accendibili, collesue mani, aiutata dalla cugina, ne afferra una brancata; le accende e le gitta pel cammino sul focolare;su quelle versa il zolfo, la polvere, e poi altre legna quasi fresche, onde accrescano fumo da superar lafiamma. Il fumo è densissimo; è soffocante; il fuoco è scottante; i birri ubbriachi marci non possonosfuggire la fatale conseguenza! Di dodici, uno si salvò, perché meno ebbro degli altri, e si salvò mettendola testa nel luogo più schifoso ch’ivi si trovava (253).253) Questa caserma apparteneva alla famiglia Castaldi Vito di Forio, e fin a pochi anni dietro vi rimanea un avanzodi una maceria della casa, fra li scogli del mare, alla punta della marina confinante al ponte di Monticchio.112

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