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storia dell'isola d'ischia giuseppe d'ascia - La Rassegna d'Ischia

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Il vino che produce oggi giorno l’isola d’Ischia può giungere da 20 a 25 mila botti da 10 a 14 milaettolitri.Fino a dodici o quindici anni dietro se ne raccoglieva circa un terzo di più; la crittogama si fu la cagioneprecipua di questa insignificante diminuzione: la solforazione applicata nel 1856 ebbe forza difrenare il male: si supplì bentosto con nuovi piantonati, si apprestò ai vigneti una coltura più attenta; mala piantagione novella, non ha colmato ancora il vuoto prodotto dai sofferti danni.Di questo vino una sesta parte si consuma nell’isola; il dippiù si esporta per l’Italia, e anche qualchepiccola porzione all’estero se riesce in qualche anno.§ 6Prodotti diversiAltro capo d’industria agricola è il fico-secco. Questi fichi si raccolgono in abbondanza in vari prediidell’isola; propriamente in quei terreni asciutti e ventilati.Rinomatissime per la qualità, importanti per la quantità sono le chioppe d’Ischia, quelle chioppe cheOrazio in una delle satire indica con questi versi – Tum pensilis uva et nux mensas cum duplice ficu.Se n’esportano circa 90 quintali l’anno, producendo un introito di circa duemila e più lire, oltre quellealtre sia sane seccate al sole, o al forno, che a pizze, o ad altri lavori si consumano nell’interno ad usodella famiglia, e degli operai, che sorpassano la quantità delle bianche che si vendono per fuori.Seta. L’industria della seta si è quasi estinta: l’allevamento de’ bachi era l’occupazione del sesso femminiledell’isola d’Ischia, gli uomini hanno sempre ritenuto essere una umiliazione per essi a prenderviparte – Allevare i bachi per l’operaio d’Ischia significava lo stesso che filare o far calzetta: l’operaiodi quest’isola quando lasciar deve i ferri dell’agricoltura, dell’arte del suo mestiere per altra industrialeggiera e casalinga si crede umiliato, ed avvilito.Le donne adunque si applicavano a quest’industria onde aprirsi una strada da potersi procacciare unonorato pane; ma venne il tempo che questo meschino rigagnolo s’inaridì, e tante braccia di fanciulleche si applicavano nelle modeste filande di quest’isola rimasero disapplicate, poche ritornarono al faticosoe paziente fuso, le altre si divagarono in svariati mestieri, fra i quali non poche all’agricoltura.<strong>La</strong> seta che dalle macchine d’Ischia si filava era stimata eccellente; se n’esportavano al di là di millelibbre di seta grezza, che davano un prodotto di circa Lire ottantacinquemila.Olio. Il prodotto degli oliveti sta a zero nell’isola.Frutta. Quello delle frutta de’ campi e degli orti o giardini, come mela, prugne, ciliegie, pomi, aranci,limoni danno circa dodici mila e forse più di annue lire, per quella quantità soltanto che s’imbarcanoper Procida, e Napoli.33

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