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storia dell'isola d'ischia giuseppe d'ascia - La Rassegna d'Ischia

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A stimolo, a sprone de’ presenti conterranei e dei futuri, ricordiamo, che i nostri padri, ebbero di noipiù trasporto per le belle arti, e per le opere di gusto, quantunque più circoscritte erano le idee e le cognizionidella passata generazione di quest’isola.Dobbiam dire ch’essi nutrivano maggior affetto di noi al loro paese, perché pensavano ad illustrarlo;avevano più patriottismo, poiché amavano nobilitarlo, a questo affetto a questo patriottismo, sembrache sia succeduto uno sconfortante egoismo.Se i nostri padri innalzavano templi stupendi per architetture, ricchi per marmi, preziosi per monumenti;perché noi non ci fidiamo costruire neppure un modesto palazzo municipale, decoroso, o almenocomodo per l’uffizio del Comune?Se i nostri padri spendevano le loro rendite per dipinti dello Spagnoletto, del de Rosa, del Tintorelli,del Giordano, del Vaccaro, per scultura del Sammartino, per disegni del Fuga, perché noi da vandali,invece di conservare tali capi d’opera di lustro municipale, o di merito di famiglia, li abbiamo distrattio abbandonati? Dunque se non vogliamo accrescere perché non conserviamo il retaggio dell’arte comesi conviene?Passiamo al sesso gentile – Le nostre madri non vollero esser seconde agli uomini nel culto all’arte, esi fecero distinguere ed ammirare nei gusti muliebri; sì nelle sfarzose fogge degli abiti a costume greco,ricchi di merletti e frange e galloni di oro; sì per i pesanti e ricchi pendenti a foggia di navicella di finooro, con pendenti di perle, detti fioccagli alla genovese, o navette – Questi fioccagli sono rimasti; ma ilcostume della ricca, e graziosa vestitura sparì; e con queste fogge sparirono ancora quelle manifatturedi ricercati e stupendi merletti in filo, che allora le nostre madri, con squisita arie, sapevano manifatturare,per guarnirsi, per farne smercio, per dar finimento alle loro fine biancherie di comparsa, de’ qualimerletti gli stranieri con premura fin da ieri ne sono andati in cerca, e noi loro li abbiamo barattati,spogliandocene più perché ignari del pregio, che per bisogno, e ce ne siamo privati, senza poterli rimpiazzare,perché le nostre donne, profane a tal culto, ne ignorano l’arte.Dicea lo Ziccardi parlando delle industrie delle nostre donne.«L’instancabile operosità degl’ischioti, non pure fra i meridionali rarissima, ma in altre latitudinieziandio, desta tuttora una nobile gara nelle loro donne, le quali all’ombra della domestica pace lavoranoaltresì zoccoli con guigge d’oro e seta rabescate, a sala de’ nudi e leggiadri piedi delle loro forosette,che un’aria di leggerezza ed agilità ne guadagnano, assai piacente” (35).Ove sia circoscritta oggi questa industria l’ignoriamo.Fu corruzione, o malgoverno, che inaridì in quest’isola l’amore al bello dell’arte; il trasporto alle manifatturedi lusso femmineo?35) Nota 28 pag. 182 traduz. Del de Rivaz 4 Ediz.53

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