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PRIMA LETTERA AI CORINZI - Parrocchia GOTTOLENGO

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fine di farci entrare nuovamente nella vita. Se Dio, in Cristo, Å morto, per<br />

liberarci dalla morte e noi siamo morti a causa della non fede nella Parola del<br />

Signore, cià vuol dire che la Parola di Dio Å tremendamente vera, tanto vera<br />

che richiede la morte di Dio per vincere la morte a noi dovuta a causa della<br />

nostra non fede in essa. Su questo Å giusto che vi riflettiamo, che aiutiamo i<br />

fratelli a riflettere, a meditare, a pensare. Una sana cristologia, una sapienziale<br />

contemplazione della croce aiuta senz’altro la fede del cristiano nella veritÖ; lo<br />

sostiene nel compimento di ogni Parola che Å uscita dalla bocca di Dio. La<br />

predicazione della croce Å la piá grande testimonianza che si possa rendere<br />

alla veritÖ della Parola del Signore e alla sua attuazione in noi, sia in bene che<br />

in male, sia in vita che in morte, sia in benedizione che in maledizione.<br />

Chi entrerà nel regno dei cieli. Solo i giusti entreranno nel regno dei cieli.<br />

Sono giusti coloro che hanno ascoltato la Parola di Dio e l’hanno messa in<br />

pratica. Entreranno nel regno dei cieli tutti coloro che si sforzeranno di entrare<br />

per la porta stretta, che Å la porta della fede e dell’osservanza della Parola. Tutti<br />

gli altri, quanti prendono la via larga e spaziosa dell’assenza o della non fede<br />

nella parola, non entreranno nel regno dei cieli, per loro le porte saranno chiuse<br />

in eterno. Per quanti invece non conoscono la parola, ma non per loro colpa,<br />

sarÖ usato come criterio di giustizia la coscienza da essi seguita con lealtÖ e<br />

sinceritÖ.<br />

Ciò che è lecito non è norma morale. Lecito Å cià che Å conforme alla legge,<br />

cià che corrisponde alla veritÖ rivelata. Di per sÇ si potrebbe fare, in quanto non<br />

contravviene alla legge santa di Dio. Tutto cià che Å lecito non Å sempre bene<br />

che si faccia; non lo si deve fare quando non giova alla coscienza dell’altro, anzi<br />

ad essa Å dannoso; non lo si deve fare, quando non si edifica la comunitÖ<br />

attraverso cià che noi operiamo. PerchÇ un’azione possa essere posta in<br />

essere si richiedono due condizioni: che essa sia sempre conforme alla legge<br />

santa di Dio, che essa giovi alla comunitÖ, che edifichi cioÅ il corpo di Cristo. Se<br />

una delle due condizioni manca, allora l’azione si deve evitare ad ogni costo.<br />

Potrebbe succedere un danno morale e spirituale alla comunitÖ, qualora fosse<br />

posta in essere.<br />

Quando un atto è santo? ä santo, quanto favorisce non solo il bene della<br />

singola persona, ma di tutta la comunitÖ, perchÇ l’aiuta a crescere nella fede,<br />

nella caritÖ, nella speranza. ä santo, quando lo si compie tenendo in grande<br />

considerazione la coscienza dell’altro, la quale potrebbe essere ancora fragile,<br />

piccola, incipiente nella fede, non in grado di un cibo solido, non capace di sano<br />

discernimento nella Legge del Signore. ä santo, quando lo si compie dietro<br />

sano discernimento, dietro analisi della condizione spirituale della comunitÖ<br />

nella quale noi viviamo.<br />

Il corpo secondo la fede. Si Å giÖ detto che la fonte della sana moralitÖ Å la<br />

Parola del Vangelo e che una santa e retta azione non deve mai partire solo<br />

dalla condizione spirituale della coscienza personale, deve fare soprattutto<br />

attenzione alla coscienza di quanti ci stanno attorno, coscienza che potrebbe<br />

essere piccola, fragile, non ancora cresciuta a sufficienza in discernimento e in<br />

conoscenza della veritÖ del Vangelo. ä giusto che si unisca a questa regola<br />

un’altra, che Å nella Parola, ma come sviluppo di una veritÖ sacramentale. ä<br />

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