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PRIMA LETTERA AI CORINZI - Parrocchia GOTTOLENGO

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significato del tutto opposto a cià che nella Scrittura si intende quando si parla<br />

di segni. Il segno Å un’opera prodigiosa di Dio attraverso la quale rende<br />

manifesta la sua presenza in mezzo al popolo. Il segno nella Scrittura Å quasi<br />

sempre legato a miracolo e prodigio. Si dice infatti di Cristo Gesá che lui Å stato<br />

da Dio accreditato con miracoli, segni e prodigi.<br />

Tutto il Vangelo di Giovanni definisce i miracoli di Cristo Gesá segni della sua<br />

onnipotenza, ma anche simboli della sua opera di salvezza in favore degli<br />

uomini. ä segno, in Giovanni, il miracolo di Cana, la guarigione del Cieco nato,<br />

la risurrezione di Lazzaro e ogni altro miracolo, o evento prodigioso che si narra<br />

nel suo Vangelo.<br />

Il segno nella Scrittura manifesta la presenza di Dio. In questi versetti di Paolo<br />

sembra che avvenga l’opposto. Il segno del parlare in lingue non manifesta la<br />

presenza di Dio, anzi la nasconde; la nasconde a tal punto che i non credenti<br />

che nulla sanno del linguaggio estatico che si parla nella ComunitÖ pensano<br />

che essa sia composta da gente pazza e fuori di senno.<br />

PerchÇ questa apparente distanza dal resto della Scrittura Santa? La risposta<br />

non puà essere che una sola: il dono delle lingue in sÇ Å un segno non<br />

assoluto, ma relativo; Å un segno che ha bisogno di un altro segno dello Spirito<br />

per poter svolgere la sua funzione di manifestare Dio agente ed operante in<br />

mezzo al suo popolo.<br />

Quando esso Å disgiunto dalla sua interpretazione esso Å un segno a metÖ; Å<br />

segno, ma non manifestativo della presenza di Dio. Non deve essere usato<br />

nella comunitÖ quando non vi Å un altro che lo interpreti, oppure colui che lo usa<br />

non sia in grado di poterlo interpretare. Per questo motivo il dono delle lingue<br />

rimane un segno secondo il significato che la Scrittura gli conferisce, ma Å un<br />

segno del tutto particolare. ä un segno incompleto, ha bisogno della parola<br />

perchÇ sia compreso, perchÇ possa parlare agli uomini che non conoscono Dio<br />

della presenza di Dio in mezzo al suo popolo.<br />

Diverso Å invece il dono delle lingue degli Apostoli il giorno di Pentecoste. A<br />

Gerusalemme, quel giorno, gli stranieri veramente udirono gli Apostoli parlare le<br />

loro lingue, anzi ognuno udâ gli Apostoli parlare nel suo proprio, particolare<br />

linguaggio. ä quello di Pentecoste il vero segno. Cià che avveniva a Corinto<br />

invece era semplicemente una forma particolare di ringraziamento del Signore<br />

e per questo pur rimanendo vero che il Signore parla agli stranieri secondo il<br />

loro linguaggio, quello che si parlava a Corinto non era il linguaggio di Dio verso<br />

i popoli non credenti, ma era un linguaggio dello Spirito che parlava a Dio. ä<br />

questa la differenza tra l’uno e l’altro segno. A Corinto si parlava in lingue a Dio.<br />

In Gerusalemme Dio parlava per mezzo degli Apostoli la lingua degli stranieri.<br />

[24]Se invece tutti profetassero e sopraggiungesse qualche non credente<br />

o un non iniziato, verrebbe convinto del suo errore da tutti, giudicato da<br />

tutti;<br />

La profezia invece Å vero, autentico segno, sempre, in qualsiasi momento<br />

venga svolta, verso ogni uomo cui Å diretta la parola di Dio attraverso voce<br />

umana.<br />

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