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PRIMA LETTERA AI CORINZI - Parrocchia GOTTOLENGO

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In sÇ i doni sono separati; chi chiede a Dio il dono delle lingue deve chiedergli<br />

anche il dono di saperle interpretare. Dono e interpretazione del dono devono<br />

costituire un unico dono per l’utilitÖ comune.<br />

Il dono di saperle interpretare non si chiederÖ mai a Dio se ci si dimentica del<br />

fine per cui lo Spirito del Signore concede un dono: l’edificazione della<br />

comunitÖ. Ogni qualvolta di un dono di Dio se ne fa un uso personale, lo si vive<br />

a beneficio della propria persona, in questo preciso istante non si ha neanche il<br />

desiderio di chiedere l’altro dono che Å quello dell’interpretazione delle lingue,<br />

non delle lingue degli altri, ma della lingua che parla lui, poichÇ ha chiesto allo<br />

Spirito Santo il dono delle lingue.<br />

[14]Quando infatti prego con il dono delle lingue, il mio spirito prega, ma<br />

la mia intelligenza rimane senza frutto.<br />

Paolo ritorna su un concetto che abbiamo giÖ analizzato in precedenza, quando<br />

si Å detto che neanche noi sappiamo cosa chiedere a Dio, lo sa perà lo Spirito<br />

Santo, che Å in noi, che Å oltre noi stessi. ä oltre la nostra stessa coscienza e<br />

innalza al Padre celeste dal di dentro di noi, in nome nostro, richieste che per<br />

noi sono come dei gemiti inesprimibili.<br />

L’uomo, per Paolo, non Å solo sentimento, oppure forma estatica che si innalza<br />

a Dio uscendo dal suo corpo e dai suoi sensi.<br />

L’uomo Å sentimento, cuore, volontÖ, intelligenza, sapienza. Quando egli prega<br />

deve pregare con tutto se stesso, quindi anche con la sua intelligenza.<br />

L’intelligenza deve sapere cosa viene chiesto al Signore e deve saperlo in<br />

modo vero, limpido, attraverso l’uso della sua scienza e della sua coscienza.<br />

Se l’uomo dovesse pregare sempre in lingue, neanche lui saprebbe cosa<br />

chiede al Signore. La sua intelligenza rimarrebbe senza frutto, poichÇ cià che lui<br />

fa Å ben oltre la sua intelligenza, perchÇ Å ben oltre anche la stessa coscienza.<br />

Questo puà avvenire una volta tanto e per pochi istanti, poi l’uomo entra<br />

nell’ordinarietÖ dei tempi e delle cose ed Å ben giusto che egli sappia cosa dice<br />

al Signore, perchÇ lo dice e quali sono le motivazioni che egli adduce nella sua<br />

richiesta, o semplicemente nel suo rivolgersi al Signore.<br />

Poi l’uomo deve ritornare nella sua completezza. ä proprio dell’uomo fare ogni<br />

cosa con saggezza, intelligenza, sapienza; fare ogni cosa sapendo cosa sta per<br />

fare, perchÇ la fa e chi gli ha comandato, o semplicemente imposto, di farla.<br />

L’intelligenza mai deve essere posta fuori nel nostro rapporto di preghiera con il<br />

Signore. Anzi essa deve muovere la stessa preghiera e la puà muovere se essa<br />

viene illuminata, confortata, santificata dallo Spirito del Signore.<br />

Essa deve avere sempre il primo posto in ogni cosa che l’uomo fa e questo<br />

perchÇ l’uomo Å stato fatto ad immagine e a somiglianza di Dio e Dio Å nella<br />

sua natura sapienza, saggezza, intelligenza eterna.<br />

[15]Che fare dunque? Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con<br />

l'intelligenza; canterò con lo spirito, ma canterò anche con l'intelligenza.<br />

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