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PRIMA LETTERA AI CORINZI - Parrocchia GOTTOLENGO

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si ha motivo di dubitare delle sue parole, Å giusto che gli si presti fede. Spetta<br />

perà ad ogni uomo vivere la fede nell’altro secondo le regole delle quattro virtá<br />

cardinali, che sono la forma attraverso cui Å giusto e doveroso che si viva<br />

anche la legge della caritÖ. La prudenza vuole che si esamini ogni cosa e poi si<br />

prendano quelle decisioni che sono le piá convenienti, anche per rapporto alla<br />

parola degli altri. Oggi tutto questo avviene tra molte difficoltÖ. La parola<br />

dell’uomo Å ritenuta, sovente, non degna di fede. Spesso essa dura il momento<br />

di essere proferita, poi si ha un’altra parola, un’altra veritÖ, un altro modo di<br />

rapportarsi con gli altri e questo nuoce gravissimamente ai rapporti tra gli<br />

uomini, i quali non sanno piá cosa credere degli altri, non sanno neanche di chi<br />

fidarsi e di chi non fidarsi. Tutto questo avviene quando l’idolatria imperversa<br />

nei cuori e li spinge a mentire ai propri fratelli, per ingannarli, o semplicemente<br />

per giocare con loro. La caritÖ – si Å detto inoltre – Å paziente. La sopportazione<br />

fa parte della pazienza. Cosa Å la sopportazione se non mettere sulle proprie<br />

spalle la condizione storica degli altri e darle una soluzione di salvezza? La<br />

caritÖ non distingue tra soluzione e soluzione, tra uomo e uomo, tra chi merita e<br />

chi non merita. La caritÖ Å universale, come universale Å il bisogno, la necessitÖ<br />

del fratello. Chi dovesse scegliere tra bisogno e bisogno e tra necessitÖ e<br />

necessitÖ, o chi dovesse sopportare coloro che a loro volta lo sopportano,<br />

questa non Å caritÖ, perchÇ non Å vita evangelica, non Å imitazione di Cristo<br />

Gesá.<br />

Tutto scompare. Rimane la caritÇ. Il Qoelet lo aveva giÖ detto: VanitÖ delle<br />

vanitÖ, tutto Å vanitÖ. Quando alla sera della vita ci presenteremo dinanzi al<br />

tribunale di Dio, cià che dovremo portare con noi, cià che ci sarÖ consentito<br />

portare nel cielo, Å solo la caritÖ. Tutto il resto dobbiamo lasciarlo sulla terra.<br />

Niente che Å terra si porta nel cielo; nel cielo si porta tutto cià che Å disceso dal<br />

cielo e dal cielo Å discesa solo la caritÖ. ä discesa anche la fede e la speranza,<br />

ma queste sono la via attraverso cui dobbiamo ricondurre la caritÖ nel cielo,<br />

dopo averla fatta fruttificare in opere di giustizia e di misericordia, in opere di<br />

perfetta obbedienza al Padre nostro che Å nei cieli. Per questo rimane la caritÖ,<br />

perchÇ essa Å la sola che discende dal cielo; se discende vi puà anche risalire,<br />

ma risale non come puro dono, vi risale come frutto. La caritÖ donata Å il seme;<br />

la caritÖ che portiamo nel cielo Å il frutto del seme maturato nella nostra vita di<br />

fedeli discepoli del Signore Gesá. La portiamo nel cielo ed essa rimane per<br />

sempre, perchÇ nel cielo si puà solo amare. Tutto il resto non Å consentito nel<br />

cielo, perchÇ Dio Å solo amore e nel cielo bisogna solo amare. Piá caritÖ come<br />

frutto portiamo nel cielo e piá la nostra capacitÖ di amare Dio si allargherÖ,<br />

diverrÖ assai grande, capace di avvicinarsi di molto al trono di Dio per<br />

contemplare da vicino, con una grande caritÖ che arde nella nostra anima,<br />

l’eterna caritÖ che Å Dio stesso e che risplende nel cielo come un fuoco<br />

incandescente, eterno ed infinito di amore.<br />

L’imperfezione avvolge ogni cosa. Tutto che Å di questa terra Å imperfetto.<br />

Solo la caritÖ Å perfetta; solo essa rimane; solo essa ci servirÖ nel cielo. Il resto<br />

nel cielo non ha ragion d’essere. Per questo Å ben giusto che mettiamo ogni<br />

impegno a farla diventare grandissima nel nostro cuore. Questo avviene se noi<br />

amiamo alla stessa maniera di Cristo Gesá. Questi non esità, per amore, a dare<br />

la sua vita alla croce, al patibolo; la diede come seme, perchÇ fosse capace di<br />

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