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PRIMA LETTERA AI CORINZI - Parrocchia GOTTOLENGO

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Non si puà amare il Signore da costretti, da schiavi, da prigionieri. Si deve<br />

amare il Signore da uomini liberi, liberi nel cuore e nella mente, nella volontÖ e<br />

nelle intenzioni, nell’anima e nel corpo, nei desideri e nei progetti. La libertÖ Å<br />

condizione essenziale perchÇ si possa operare bene e con frutti nel regno di<br />

Dio.<br />

Testimoni di tutto questo sono i Corinzi, i quali sono appunto l’opera di Paolo.<br />

Sono l’opera che egli ha fatto nel Signore, nel suo nome e con la sua autoritÖ,<br />

con la sua grazia e la sua veritÖ, con l’amore che da Cristo si Å riversato in lui e<br />

che lui ha riversato nei loro cuori.<br />

Che Paolo sia un vero apostolo del Signore, un uomo libero, che con libertÖ e<br />

amore abbia lavorato tra di loro, lo attesta il fatto che a Corinto egli sia riuscito a<br />

creare una vera comunitÖ al Signore. Anche se questa comunitÖ deve crescere<br />

e maturare nella fede, perà Å vera, autentica comunitÖ. Questa avviene e si<br />

realizza solo per grazia di Dio.<br />

[2]Anche se per altri non sono apostolo, per voi almeno lo sono; voi siete<br />

il sigillo del mio apostolato nel Signore.<br />

PoichÇ la comunitÖ di Corinto Å stata generata nella fede da Paolo - tra di loro<br />

ha trascorso anche parecchi mesi - essi non possono non riconoscerlo come<br />

l’apostolo del Signore. Devono confessare al mondo intero la loro origine. Essi<br />

sono da Paolo.<br />

Gli altri possono anche non riconoscerlo come apostolo, possono anche<br />

ricusare la sua missione, possono rifiutarlo come inviato di Cristo Gesá. I<br />

Corinzi questo non possono farlo a causa del legame di generazione spirituale<br />

che li lega a Paolo, essendo, tutti loro, generati dalla sua fede, dalla sua caritÖ,<br />

dalla sua speranza.<br />

Dobbiamo operare una piccolissima puntualizzazione. Sovente nelle nostre<br />

relazioni manca questo riconoscimento. Dimentichiamo chi ci ha generati nella<br />

fede, nella speranza e nella caritÖ. Non confessiamo la nostra origine.<br />

Nessuno Å senza radici spirituali, nessuno senza origine quanto alla fede, alla<br />

speranza, alla caritÖ. Tutti siamo da altri. Sapere chi ci ha generati e<br />

confessarlo dinanzi al mondo Å obbligo di giustizia. Fa parte della testimonianza<br />

che dobbiamo rendere alla veritÖ.<br />

Paolo vuole che i Corinzi si riconoscano come generati da lui; ma anche Paolo<br />

riconosce i Corinzi come il suo sigillo, il sigillo del suo apostolato nel Signore. ä<br />

la stessa relazione che intercorre tra paternitÖ e figliolanza. ä giusto che il figlio<br />

riconosca il padre, ma anche Å giusto che il padre riconosca il figlio.<br />

Questo legame di conoscenza vicendevole deve durare per tutta la vita, se Å<br />

vera relazione di paternitÖ e di figliolanza. Oggi invece ognuno vive senza<br />

l’altro, lontano dall’altro, ignorando l’altro.<br />

Non c’Å quella riverenza per coloro che spendono la vita per formare la<br />

comunitÖ; ma neanche coloro che formano la comunitÖ sentono quella paternitÖ<br />

spirituale che Å vera e propria generazione nella fede di quanti sono divenuti<br />

cristiani. Questa riconoscenza e conoscenza tra chi genera e chi Å generato Å<br />

carica di tanta responsabilitÖ. ä ben giusto che essa venga riaffermata ad ogni<br />

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