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PRIMA LETTERA AI CORINZI - Parrocchia GOTTOLENGO

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Qualcuno puà invitare un cristiano a casa sua, lo puà invitare a pranzo o a<br />

cena.<br />

La prima regola di libertÖ Å nella volontÖ di colui che Å stato invitato. Nella<br />

libertÖ della sua coscienza e per motivi personali che a nessuno Å consentito di<br />

indagare, costui puà dire no, ma puà dire anche sâ. Puà andare, ma anche<br />

rifiutarsi di andare.<br />

Il motivo per cui prende una tale decisione non c’Å dato di conoscere.<br />

Appartiene alla sua volontÖ e alla sua coscienza e bisogna che noi lo<br />

rispettiamo.<br />

Una volta che si Å a tavola, il cristiano puà mangiare di tutto quello che gli viene<br />

posto dinanzi, con libertÖ, con semplicitÖ, ringraziando e benedicendo il<br />

Signore. Paolo lo ha giÖ detto. Ogni cosa creata Å buona, anzi molto buona ed<br />

Å a motivo della sua bontÖ naturale che egli puà mangiare di tutto cià che gli<br />

viene posto dinanzi.<br />

Questa regola Å assoluta, vale per ogni tempo e ogni luogo. Chi la osserva<br />

troverÖ in essa la vita. Vale anche per i tempi liturgici. Molti non possono sapere<br />

le nostre questioni particolari di cibi e di bevande e noi non possiamo rendere<br />

loro difficile il gesto di caritÖ e di amore, o semplicemente il gesto di amicizia,<br />

per nostre particolari questioni, che non appartengono all’essenza stessa della<br />

fede, nÇ della moralitÖ dell’atto in sÇ.<br />

Quando un atto Å intrinsicamente immorale, non buono, non santo, allora il<br />

cristiano Å obbligato in coscienza a non farlo. In questo caso deve essere<br />

anche disposto a perdere la sua vita, pur di rimanere fedele alla volontÖ di Dio e<br />

su quanto egli ha dichiarato non buono a causa dei suoi comandamenti che<br />

trovano la loro ragion d’essere nell’essenza stessa di Dio che Å il bene assoluto<br />

dal quale ogni altro bene prende forma, prende vita, consistenza.<br />

[28]Ma se qualcuno vi dicesse: «E` carne immolata in sacrificio»,<br />

astenetevi dal mangiarne, per riguardo a colui che vi ha avvertito e per<br />

motivo di coscienza;<br />

Altro invece Å il caso pratico in cui lo stesso che ci ha invitato ci avverte che cià<br />

che si offre Å carne immolata agli idoli.<br />

In questo caso non Å piá la nostra coscienza che determina la bontÖ dalla cosa<br />

in sÇ. Non puà piá determinarla perchÇ l’altro ha giÖ giudicato la cosa e l’ha<br />

definita, o classificata non buona per noi e per questo ci ha avvertito.<br />

In questo caso Å obbligo morale astenersi dal mangiare la carne che ci viene<br />

offerta perchÇ diverrebbe per noi motivo di scandalo, di trasgressione manifesta<br />

di una regola di santitÖ che l’altro ritiene obbligatoria per noi.<br />

Se lo facessimo, diverrebbe per noi peccato di scandalo. Avremmo fatto<br />

comprendere all’altro che noi siamo sopra la legge della moralitÖ dell’atto e<br />

della stessa coscienza, non della nostra naturalmente, ma della sua.<br />

Questo sarebbe grave e nessuno mai per rispetto all’altro deve cadere in una<br />

cosâ grande contraddizione morale.<br />

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