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PRIMA LETTERA AI CORINZI - Parrocchia GOTTOLENGO

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ä giusto perà chiedersi: perchÇ vantarsi di una libertÖ? Quanto detto finora in<br />

questo capitolo ci suggerisce una sola risposta lecita: il vanto Å tutto a beneficio<br />

del Vangelo e non della persona di Paolo. ä a beneficio del Vangelo perchÇ lo<br />

rende credibile, santo, accogliente per se stesso.<br />

ä un vanto perchÇ Paolo ha liberato l’annunzio del Vangelo da ogni possibile<br />

beneficio umano che potesse ricadere sulla sua persona. ä questo un vanto a<br />

beneficio tutto del Vangelo e della sua credibilitÖ. Per questo Å giusto vantarsi,<br />

vantarsi perà della libertÖ che il Vangelo conferisce a chi lo serve con amore,<br />

veritÖ e santitÖ. Non c’Å altra ragione o motivo di vanto. Sarebbe infatti orgoglio<br />

spirituale riferirlo alla propria persona.<br />

[16]Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è un dovere per<br />

me: guai a me se non predicassi il Vangelo!<br />

In questo versetto appare assai chiaro quanto finora esposto. Il vanto, si Å<br />

detto, non Å a beneficio della persona di Paolo. Per lui non Å un vanto predicare<br />

il Vangelo, Å un vanto predicarlo gratuitamente. Il che Å molto, infinitamente<br />

molto differente.<br />

La predicazione del Vangelo invece Å un dovere. Dove c’Å dovere, c’Å obbligo<br />

non vanto. Il vanto Å tutto cià che promana dal nostro cuore, dalla nostra libertÖ,<br />

dalla nostra coscienza, dal nostro spirito e dalla nostra anima.<br />

Il vanto Å qualcosa di nostro che noi facciamo in onore del Signore o dei fratelli.<br />

Predicare il Vangelo non puà essere un vanto, perchÇ Å una missione, un<br />

mandato che discende da Dio su di noi, Å un obbligo e un dovere che ci Å stato<br />

assegnato.<br />

Se non lo si predica, si Å responsabili di omissione grave dinanzi a Dio; se lo si<br />

predica, si compie solo il proprio dovere, si esercita il ministero affidatoci.<br />

PoichÇ Å un dovere, chi non lo esercita secondo veritÖ, Å responsabile di grave<br />

omissione dinanzi a Dio. Tutti i peccati del popolo ricadono su colui che,<br />

essendo obbligato per dovere di missione di annunziare il Vangelo e di liberare<br />

l’uomo dall’errore e dalla falsitÖ, non lo ha fatto, si Å dedicato ad altre faccende,<br />

si Å lasciato conquistare il cuore e la mente dalle cose di questo mondo.<br />

In questo senso Å un vero “guai”, perchÇ Å un “guai” di dannazione eterna. Il<br />

Signore mette sulla coscienza dell’apostolo e del discepolo tutti i peccati<br />

commessi a causa della mancata evangelizzazione, della mancata<br />

catechizzazione, della mancata predicazione della Buona Novella.<br />

Se Å un dovere, obbliga in coscienza; l’obbligo cessa, se cessa la missione.<br />

PoichÇ la missione dell’apostolo del Signore Å permanente, egli fino all’ultimo<br />

istante della sua vita Å obbligato in coscienza di annunziare il Vangelo,<br />

altrimenti pecca di grave omissione e il Signore gli addebita la mancata<br />

evangelizzazione, causa di una sconfinata e indefinita azione peccaminosa<br />

contro Dio e contro i fratelli.<br />

Su questo peccato di omissione poco si riflette e poco si pensa. Basta<br />

considerare come viene presentata la missione del sacerdote che Å quasi<br />

sempre slegata dall’annunzio e fortemente legata al sacramento dell’Eucaristia.<br />

Certo, il legame con l’Eucaristia Å fondamentale per il sacerdote, ma Å<br />

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