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PRIMA LETTERA AI CORINZI - Parrocchia GOTTOLENGO

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che Lui ha tracciato per noi e nel quale ci ha inserito. Chi si gonfia non ama Dio,<br />

non ama la sua volontÖ, non ama il disegno di salvezza che Dio ha scritto per<br />

lui. Chi si vanta Å un mendicante di gloria umana ed effimera. Costui non sa che<br />

l’unica gloria che bisogna cercare Å quella che viene da Dio. La gloria che viene<br />

da Dio ha una sola origine: la fedeltÖ al ministero, anche il piá umile, il piá<br />

nascosto che Dio ha stabilito per noi.<br />

Il rispetto. L’interesse. Adirarsi. La caritÖ Å rispettosa, perchÇ vede l’altro<br />

sempre dinanzi a Dio, lo vede nel suo mistero di salvezza, lo vede nei doni e<br />

nei carismi di cui il Signore lo ha arricchito, lo vede come persona chiamata da<br />

Dio a svolgere un ministero di redenzione nel mondo. Rispetta l’altro chi lo<br />

guarda con gli stessi occhi di Dio, inserito nel mistero di Dio, operante secondo<br />

lo stesso mistero. Vedendo Dio negli altri, non si rispettano solamente gli altri, si<br />

rispetta Dio che agisce e vive negli altri. La caritÖ non cerca il suo interesse,<br />

perchÇ Å proprio dell’amore consegnarsi, offrirsi, sacrificarsi; Å proprio<br />

dell’amore cercare gli interessi di Cristo Gesá. Il cristiano Å colui che ha dato la<br />

vita a Cristo per creare sulla terra gli interessi di Cristo. Questo Å l’amore.<br />

Nell’amore l’uomo si spoglia di sÇ; si annienta; nulla cerca piá per sÇ, perchÇ lui<br />

non ha vita da vivere per sÇ, la vita che egli vive, la vive per Cristo che Å morto<br />

ed Å risuscitato per lui. Non si adira perchÇ il cammino spirituale dell’altro, il<br />

cammino di bene non dipende dall’altro, dipende solo dalla grazia di Dio e noi<br />

non sappiamo il grado di grazia che il Signore ha versato in un cuore.<br />

Sappiamo solo che dobbiamo noi essere di aiuto, di sprone, di incitamento agli<br />

altri. Questo Å l’amore. Sappiamo che dobbiamo morire per gli altri, perchÇ<br />

anche loro possano rispondere alle attese di Dio. Morendo noi per gli altri,<br />

diamo loro, attraverso il corpo di Cristo, tanta grazia ai cuori perchÇ si<br />

convertano e vivano rispondendo alla chiamata di Dio che vuole che ogni uomo<br />

raggiunga la veritÖ, diventi in tutto ad immagine del suo Figlio Gesá, crocifisso e<br />

risorto. Adirarsi con gli altri, in qualche modo, significa prendere il posto di Dio.<br />

Solo Dio si puà adirare, perchÇ solo lui sa le reali nostre responsabilitÖ,<br />

conosce la nostra buona o cattiva volontÖ, sa qual Å il grado del nostro peccato<br />

e i ritardi dovuti solo alla nostra noncuranza, o negligenza nel rispondere alla<br />

sua grazia. L’ira Å la perdita del controllo della nostra vita. Questa non Å piá<br />

governata dalla saggezza, dalla prudenza, dalla giustizia, dalla temperanza; Å<br />

governata dall’istinto. Un uomo di Dio mai dovrÖ farsi muovere da un istinto<br />

cieco, da un impulso violento. Egli deve sempre essere padrone dei suoi<br />

sentimenti, governatore dei suoi istinti, dominatore assoluto delle sue passioni.<br />

Tenere conto del male ricevuto. Godere dell’ingiustizia. Sono indicati altri<br />

due peccati contro la caritÖ. Il primo si commette quando si tiene conto del male<br />

ricevuto. Questo Å un peccato contro Dio, contro l’Incarnazione, contro la<br />

redenzione operata da Cristo sulla croce, Å un peccato contro la croce di Cristo<br />

Gesá. Dio, che Å l’offeso, non solo non ha voluto tenere conto del male<br />

ricevuto, ha dato il suo Figlio per noi, lo ha dato consegnandolo alla morte, lo ha<br />

dato dall’alto della croce, nella piá grande sofferenza. Se Dio, che Å l’unico<br />

offeso dal peccato dell’uomo, ha pensato l’Incarnazione del Figlio per la<br />

remissione dei nostri peccati, cosa non dovremmo pensare noi perchÇ il male a<br />

noi fatto venga perdonato, tolto, levato dal cuore? Cosa non dovremmo fare noi<br />

perchÇ il male non alberghi nel nostro cuore e non gli sia consentito neanche di<br />

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