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Istruzioni agli ambasciatori e inviati medicei in Spagna e nell'“Italia ...

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<strong>Istruzioni</strong> <strong>agli</strong> <strong>ambasciatori</strong> e <strong><strong>in</strong>viati</strong> <strong>medicei</strong> (1587-1648)<br />

e la morte di Urbano VIII s’<strong>in</strong>terruppe la sua ascesa e quella del fratello Antonio. Co<strong>in</strong>volti<br />

<strong>in</strong> una serie di <strong>in</strong>chieste concernenti l’<strong>in</strong>gente patrimonio familiare, i due fratelli nel gennaio<br />

1646 fuggirono <strong>in</strong> Francia e si misero sotto la protezione del Mazzar<strong>in</strong>o. Qualche anno<br />

dopo ottennero la restituzione dei loro beni e poterono tornare a Roma. Qui Francesco si<br />

dedicò soprattutto ai suoi <strong>in</strong>teressi letterari e all’attività di mecenate, A. Merola, <strong>in</strong> DBI,<br />

vol. 6, Roma 1964, pp. 172-176; Fosi, All’ombra.<br />

6 Juan Antonio Vera y Zuñiga y Figueroa (1581-1659), conte de La Roca dal 1628, fu ambasciatore<br />

spagnolo a Venezia dal 1632 al 1642. Dal 1630 al 1632 fu ambasciatore straord<strong>in</strong>ario<br />

presso i Savoia e poi a Roma. Fu letterato oltre che politico: scrisse numerose opere<br />

celebrative della grandezza di <strong>Spagna</strong> e una sorta di manuale pratico del diplomatico dal<br />

titolo El enbajador, Gottardi, Corrispondenze, vol. VII, pp.113-114.<br />

7 Francesco Niccol<strong>in</strong>i (1584-1650), figlio di Giovanni e di Cater<strong>in</strong>a di Filippo Salviati. Nel<br />

1598 divenne cavaliere di S. Stefano e fu ammesso tra i paggi del granduca. Il padre, che<br />

godeva di grande <strong>in</strong>fluenza a Roma, lo dest<strong>in</strong>ò alla carriera ecclesiastica ma, dopo la morte<br />

paterna (1611), Francesco abbandonò lo stato ecclesiastico. Fu qu<strong>in</strong>di nom<strong>in</strong>ato ambasciatore<br />

del granduca a Roma dal 1621 al 1644. Tornato a Firenze, fu <strong>in</strong>vestito del titolo di<br />

marchese di Campiglia. Sposò Cater<strong>in</strong>a di Francesco Riccardi, da cui non ebbe figli, Passer<strong>in</strong>i,<br />

Genealogia; Del Piazzo, Gli <strong>ambasciatori</strong>, p. 18.<br />

8 Ippolito Aldobrand<strong>in</strong>i (1592-1638), figlio di Gianfrancesco e di Olimpia di Pietro Aldobrand<strong>in</strong>i,<br />

nipote di Clemente VIII. Fu elevato al card<strong>in</strong>alato nel 1621 da Gregorio XV e<br />

qu<strong>in</strong>di nom<strong>in</strong>ato camerlengo della Chiesa nel 1623. Morì a Roma il 19 luglio 1638, due mesi<br />

dopo questa istruzione ad Emilio Piccolom<strong>in</strong>i. Designò erede dei suoi beni la nipote Olimpia<br />

e, per evitare che con lui si est<strong>in</strong>guesse il ramo romano, chiese che il figlio di Olimpia portasse<br />

il cognome Aldobrand<strong>in</strong>i, HC, vol. IV, p. 16; Litta, Famiglie, vol. I, tav. III.<br />

9 Anna Carafa pr<strong>in</strong>cipessa di Stigliano.<br />

10 V<strong>in</strong>cenzo de Medici, figlio di Andrea de Medici e di Lucrezia di Francesco Guadagni.<br />

Sposò Ottavia di Lorenzo Altoviti, dalla quale ebbe due figlie, Lucrezia e Cater<strong>in</strong>a. La prima<br />

sposò il cavaliere Piero Capponi e la seconda il cavaliere Ferd<strong>in</strong>ando Gondi. Dal 1598<br />

al 1610 fu depositario generale del governo granducale e dal 1638 al 1656 esattore dei<br />

crediti granducali e agente a Napoli. Racconta Innocenzo Fuidoro che durante la rivolta<br />

napoletana del 1647 la sua casa venne saccheggiata. Morì nel 1659, Litta, Famiglie, vol.<br />

III, tav. VI; Del Piazzo, Gli <strong>ambasciatori</strong>, p. 62, Baggio, Marchi, Miscellanea, pp. 586-<br />

590; Fuidoro, Successi, p. 180.<br />

11 Francesco Buoncompagni (1596-1644), figlio di Giacomo (a sua volta figlio naturale<br />

di Gregorio XIII) e di Costanza di Sforza Sforza dei conti di S. Fiora. Avviato alla carriera<br />

ecclesiastica, dopo essersi addottorato <strong>in</strong> legge a Bologna nel 1615 ottenne la carica di referendario<br />

di entrambe le segnature nel 1618. Fu qu<strong>in</strong>di governatore di Fermo. Nel 1621<br />

ricevette il cappello card<strong>in</strong>alizio da Gregorio XV che proprio all’avo di Francesco doveva la<br />

porpora card<strong>in</strong>alizia. Il papa lo prese sotto la sua ala protettrice e lo nom<strong>in</strong>ò nel 1622 legato<br />

a latere <strong>in</strong> Umbria. La sua ascesa cont<strong>in</strong>uò anche sotto Urbano VIII, che lo nom<strong>in</strong>ò arcivescovo<br />

di Napoli nel 1626, U. Coldagelli, <strong>in</strong> DBI, vol. 11, Roma 1969, pp. 688-689.<br />

12 Giulio Savelli fu referendario di una e dell’altra segnatura e qu<strong>in</strong>di creato card<strong>in</strong>ale nel<br />

dicembre 1615 da Paolo V. Fu arcivescovo di Ancona dal 1616 al 1622 e di Salerno dal<br />

1630 al 1642, quando lasciò il posto al nipote Fabrizio Savelli. Morì nel luglio 1644, HC,<br />

vol. IV, pp. 13, 82, 301.<br />

13 Francesco Maria Brancaccio (1592-1675) di antica famiglia napoletana, figlio di Muzio,

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