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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo II | Gli anni postbellici (1945-1950)<br />

vista ideologico. Va considerata la posizione, non certamente invidiabile, del redattore,<br />

quale uomo di cultura e uomo politico che, sebbene debba tener conto<br />

delle esigenze e preferenze della minoranza, deve stare pure attento a non entrare<br />

in conflitto con le direttive di partito 201.<br />

Se dal 1951, quando il giornale era diretto da Erio Franchi, in seguito ad un<br />

referendum dei lettori sul tipo di giornale preferito, appaiono, nella terza pagina,<br />

rubriche settimanali di due colonne dedicate ora ai piccoli (“L’allegra brigata”),<br />

ora alle donne (“La casa di Serenella”), ora al dialetto usato a fini umoristici<br />

(“La parola a Pepi Fritola”, “Soto la Tore” e “Drio la Rena”), la «Voce del Popolo»<br />

del 1953 è un vera “piccola antologia” di autori della letteratura jugoslava,<br />

i cui racconti vengono tradotti al fine di far familiarizzare la minoranza con i popoli<br />

maggioritari attraverso la cultura, allontanandoli dalla problematica ancora<br />

aperta dei confini tra Italia e Jugoslavia. Nella terza del 1959, il direttore Elio<br />

Dessardo e il collegio redazionale suddividono lo spazio per discipline e settori.<br />

Dedicano al “Cinema” il sabato, a “La donna e la casa” il giovedì, e i rimanenti<br />

giorni a “<strong>Le</strong>tteratura, arte e attualità”, rimandando le notizie di cronaca regionale<br />

(anche quelle riguardanti fatti culturali) alla “Cronaca istriana” (la quarta pagina<br />

del giovedì) e al “Notiziario fiumano” (la quinta pagina del giovedì), settorializzando<br />

e specializzando il messaggio culturale, incanalandolo col fine di creare<br />

nel lettore un sistema di attese per argomento, sostituendo, sul piano cronologico,<br />

una periodicità più estesa alla continuità giornaliera.<br />

«La Voce del Popolo» può contare su un esiguo numero di lettori dotati di<br />

buona conoscenza culturale e capaci di distinguere e cogliere battute, allusioni e<br />

di avere senso critico. L’utenza è quasi esclusivamente composta da operai e da<br />

contadini, e il compito principale del quotidiano per affezionarsela è di saperla<br />

attrarre e trattenere, interessare e soddisfare. Va analizzata la particolare strategia<br />

che la redazione segue per conquistarsi il pubblico. Accanto ad articoli di<br />

critica e di commento con i quali il giornale si dimostra cosciente della sua funzione<br />

mediatrice tra il pubblico e il gusto letterario e artistico, «La Voce del Popolo»<br />

dedica spazio all’aneddotica (i cosiddetti “4 aneddoti per settimana”) riguardante<br />

personaggi del mondo culturale, o anche a informazioni brevi su fatti<br />

di attualità (la rubrica “Mondo curioso”). La vivacità e vitalità di questa pagina<br />

consiste soprattutto nel riportare puntualmente le attività delle società artisticoculturali<br />

della minoranza (cori, filodrammatiche, gruppi di ricerca, sport, mandolinistiche,<br />

ecc.) specificando i nomi dei principali protagonisti e organizzatori<br />

201 Negli anni Cinquanta, «La Voce del Popolo» vede alternarsi numerosi direttori e caporedattori.<br />

Nel 1950 il direttore è Erio Franchi, Giacomo Raunich fi gura caporedattore. Dal 16 novembre<br />

1951 Luciano Michelazzi è direttore, e dal 1° novembre 1952 a redigere è il collegio redazionale.<br />

Dal 2 novembre 1956 Elio Dessardo risulta direttore (entrato in carica già il 26 settembre 1956<br />

in qualità di vicedirettore), mentre Giacomo Raunich viene eletto per la seconda volta redattore<br />

responsabile dall’aprile del 1959. Alla stessa data pure Michelazzi fi gura rieletto direttore.

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