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Le parole rimaste - Edit

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Una voce fuori dal coro: Osvaldo Ramous<br />

conferma i seguenti versi ramousiani di Scirocco: «le onde riaffiorano per respirare<br />

l’ansia / del vento; i bianchi denti di schiuma / mordono la proda», con quelli<br />

montaliani di Corno inglese: «e il mare che scaglia a scaglia / livido, muta colore /<br />

lancia a terra una tromba / di schiume intorte». Similmente a Montale, il poeta<br />

fiumano sembra voler trovare in una catena di eventi e situazioni, in una serie di<br />

oggetti concreti e accuratamente specificati una correlazione con i propri sentimenti<br />

ed emozioni. Sembra cioè voler elaborare un concetto poetico riportabile<br />

al correlativo oggettivo teorizzato nel 1919 da Thomas Stearns Eliot.<br />

In Vento sullo stagno (1953), nel telaio poetico s’inseriscono progressivamente<br />

gli uomini. L’osservazione di Ruggero Jacobbi riferita al Montale degli Ossi di<br />

seppia (“Quell’uomo si situa in un paesaggio, anzi è il paesaggio a commisurare<br />

ogni situazione, ogni stato d’animo che si volga dal giuoco dei piccoli oggetti a<br />

quello delle ragioni maggiori 420) può andar benissimo per Nel canneto, dove c’è<br />

solo il poeta a muoversi nella natura che risulta esser sufficiente ad esprimere la<br />

complessità della vita. Vento sullo stagno, invece, è popolato da molti personaggi:<br />

la bimba col fazzoletto scarlatto, il viandante disperso, il nuovo nato, la giovane<br />

ostessa, la seminatrice e il pastore bifolco, ecc. Gli uomini rimarranno una presenza<br />

frequente e concreta in tutte le raccolte poetiche a venire.<br />

Dal tema natura Ramous scivola al tema esistenza, riscontrabile in forme specifiche<br />

nel quadro contestuale della natura stessa. L’ambiente ideale del poeta<br />

per auscultarsi è sempre il paesaggio che lo circonda, e che non necessariamente<br />

deve possedere sembianze materiali ma può consistere in una «eco / dell’armonia<br />

notturna / che l’orecchio non ode», come accade nella lirica La sua voce 421. La<br />

“sua” voce in questo componimento non è altro che la voce della memoria, la<br />

quale, sebbene lontana, viene ridestata per ritrovare la possibilità di discorrere<br />

con lei e, di conseguenza, con la propria anima.<br />

Nel motivo esistenziale di alcune poesie di Vento sullo stagno c’è una spinta<br />

maggiore nell’affrontare il ‘nuovo mattino’: Ramous è più maturo, l’esperienza<br />

tragica della guerra lo porta ad un legame più forte con la vita. Nelle liriche Sulle<br />

strade del mondo egli si avvicina addirittura alla poesia postresistenziale, anche lui<br />

vuole cambiare il mondo: audacia, questa, cui fino ad allora era rimasto estraneo.<br />

Questo desiderio di dialogo con il mondo lo porta ad introdurre nel vocabolario<br />

espressioni del tipo “vicenda banale della vita borghese”, “il rombo delle<br />

macchine fuori serie”, “lascia marcire i virgulti venefici” 422. Piuttosto che una<br />

420 RUGGERO JACOBBI, L’avventura del Novecento, Garzanti, Milano, 1984, p. 489.<br />

421 Della silloge Nel canneto.<br />

422 Nel poemetto Sulle strade del mondo Ramous introduce nuovi temi: i rapporti sociali, la morte in<br />

guerra – non naturale e perciò non “bella”, il rifi uto della banale vita borghese, le nuove tecnologie<br />

che disumanizzano l’uomo, il vivere arido, legato a costumi privati del loro signifi cato<br />

autentico...<br />

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