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Le parole rimaste - Edit

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400<br />

Capitolo IV | Dall’era del socialismo reale<br />

origini, non poteva sopravvivere<br />

a quest’arsura asfaltica, ma prima<br />

di cedere si è ripiegata in se<br />

stessa e dalla propria solitudine<br />

ha tratto in gelida lucidità<br />

il senso delle cose: arida la vita<br />

la storia un defl uire di vicende<br />

assurde e lo spirito, fantoccio<br />

di noi stessi tra ridde di ipotesi<br />

che fi ngiamo valori; onde il pensiero<br />

e le sue antinomie, le opere<br />

le ansie, le delusioni e tutto resta<br />

un delirio onirico senza soggetto,<br />

e non il ragionar di poesia<br />

ma il ragionare semplicemente<br />

è privo di senso. Al tempo stesso<br />

si accetta ciò ch’è ignoto, mancando<br />

un nesso nella nostra continuità<br />

nel rapporto tra i singoli<br />

che tragga dal passato più luce<br />

per le sue proiezioni future, e tace<br />

sull’intelligenza dei tempi l’ala<br />

purissima della sintesi lirica.<br />

Ma è soltanto crisi l’età<br />

contemporanea? Crollano i miti<br />

rovinano le strutture, le torme<br />

affaticano dietro ottusi tiranni<br />

di metallo e nei labirinti al neon<br />

una società svilita scopre le sue<br />

vergogne all’impotenza dei vizi<br />

tra ritmi e gridi frenetici<br />

che dissimulano l’immobilità<br />

assoluta della morte. Immagini non<br />

false cui è sutura l’accostamento<br />

voluto dei contrasti, che si neghi<br />

all’émpito in ogni assenza<br />

di prospettiva. Ma quale squarcio<br />

di secolo schiuse alla famiglia<br />

umana paesaggi più suggestivi<br />

del suo cammino, corsi dal brivido

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