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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo V | La seconda stagione: dal «noi» all’«io» (1963-1974)<br />

ne] il percorso poetico di Giacomo Scotti esemplifica molto bene la via seguita<br />

nel dopoguerra dalla gran parte della produzione poetica degli italiani in Istria:<br />

dal neorealismo a un realismo di memoria, dalla poesia del “noi” alla poesia<br />

dell’“io”.<br />

Non a caso, nello stesso anno in cui esce Se il diavolo è nero Scotti pubblica in<br />

Italia la raccolta <strong>Le</strong> mie favole impregnata di lirismo 800.<br />

Si può dire che quei primi libretti di poesia apparsi fuori dai canali ufficiali, e<br />

a dispetto del potere costituito, smossero parecchio le acque degli intellettuali<br />

italiani rimasti sul territorio istro-quarnerino dopo che, con il Memorandum di<br />

Londra dell’ottobre 1954, quindi otto anni prima, la cosiddetta zona B del Territorio<br />

Libero di Trieste, già in mano jugoslava dal 1945, fu in pratica definitivamente<br />

annessa alla Jugoslavia (ufficialmente con il Trattato di Osimo del 1975),<br />

provocando l’ultimo massiccio esodo delle popolazioni istriane, italiani in testa.<br />

Nei territori di Buie, Umago e Cittanova restò il 20-30% della popolazione, ma<br />

nel Capodistriano (Isola, Pirano, Capodistria) gli italiani si ridussero a meno del<br />

10%. Questa situazione fece dei rimasti una comunità che sentiva più che mai<br />

il bisogno di compattarsi, di moltiplicare gli sforzi per salvare il salvabile e sviluppare,<br />

per quanto possibile, le proprie potenzialità creative. I risultati di questi<br />

sforzi andarono al di là di ogni aspettativa. La situazione politica, d’altra parte,<br />

andò migliorando con il migliorare delle relazioni fra Italia e Jugoslavia: dapprima<br />

lentamente, fino alla fine degli anni Cinquanta, poi più rapidamente dai primi<br />

anni Sessanta. In quel periodo la letteratura dei rimasti si nutrì di nuova linfa,<br />

spuntarono nuovi germogli. Venne a determinarsi il passaggio alla seconda fase,<br />

organizzativa e programmatica, della letteratura istro-fiumana.<br />

Questa fase, che si situa negli anni Sessanta, è caratterizzata dalla continuazione,<br />

dall’estensione e dall’approfondimento della “politica culturale” riscontrabile<br />

nella fase precedente; e soprattutto, dall’affermazione personale di una<br />

serie di autori che vengono gradualmente, progressivamente emergendo nel<br />

panorama letterario complessivo. Intendiamoci: il poeta, lo scrittore è sempre<br />

un’individualità solitaria e può nascere, detto per iperbole, anche in un deserto;<br />

ma è evidente che egli può sorgere meglio e affermarsi se trova un’atmosfera<br />

favorevole e consentanea, se si inserisce in un ambiente storico-culturale capace<br />

di stimolare la sua attività e il suo messaggio 801.<br />

Da stimolatori fecero l’Unione degli italiani con il CPLA, il quotidiano «La<br />

Voce del Popolo» e il quindicinale «Panorama» con i concorsi, e la rivista trimestrale<br />

di cultura «La Battana».<br />

800 GIACOMO SCOTTI, <strong>Le</strong> mie favole, Firenze, Edizioni Gynthia, 1963.<br />

801 BRUNO MAIER, La letteratura del gruppo nazionale dell’Istria e di Fiume, in ID., Il gioco dell’alfabeto. Nuovi<br />

saggi triestini, Gorizia-Trieste, Istituto Giuliano di Storia Cultura e Documentazione, 1990.

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