Le parole rimaste - Edit

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Capitolo VI | Dire in dialetto
te dell’intellezione, ma rappresentano piuttosto il risultato di un ragionamento
dianoico/discorsivo che prende lo spunto dal mondo empirico, e da quello trapassa
al mondo intellegibile:
Un arzillo vecchietto oggi scomparso, Giuseppe Bepi Ignoto, raccontando di un
evento sovrannaturale occorsogli una volta nel bosco tra Palù e Colona (quando,
dopo aver messo il piede nella stessa orma di una striga o un ‘cavalgante’, si
ritrovava, dopo molta strada, sempre nello stesso luogo dove era avvenuto l’ammaliamento,
e cioè la chiesetta di S. Damiano in Palù), divagò con il discorso
ad un altro episodio della sua vita, quando vide, camminando per una stradina
di campagna, una biscia (buasera) inghiottire in un sol colpo un ramarro (razaborgo)
e questo poi uscire nuovamente fuori dal ventre della biscia dopo averla
squarciata.
No jera meio che ti zboravi ntele ortighe…
e to pare anca: cusì no jerundu né mi, né ti
adeso
a padì a sto mondo
birbante e canaia, mondo manegoldo!
Perché el omo ze falso e pien de malisia:
el te mbroia
pena che l pol, manegoldo e putana!
Ti te giri, pena, e l ti mpira l cortel
ntela schena.
No jera meio che naseva na carsedana
al me posto? Ti ghi frachi l cao
e più no la voldo…
E vuldisi ndretno duto l mal del mondo,
qualcosa che creso zò n tel scuro, n fondo,
che apian te zbrega, apian,
como l razaborgo zbrega la buasera 1084.
1084 No jera meio che ti zboravi ntele ortighe? [Non era meglio tu avessi sborrato nelle ortiche?]: «Non
era meglio avessi sborrato nelle ortiche…/ e tuo padre pure: così non ci saremmo né io, né te
/ adesso, / a patire a questo mondo / birbante e canaglia, mondo manigoldo! / Perché l’uomo
è falso e pieno di malizia: / t’imbroglia / appena può, manigoldo e puttana! / Ti giri, appena, e
lui ti pianta il coltello / nella schiena. // Non era meglio fosse nata una vipera / al mio posto?
Le pesti la testa / e più non sente… // E provare dentro tutto il male del mondo, / qualcosa
che cresce giù nel buio, in fondo, / che lentamente ti squarcia, lentamente, / come il ramarro
squarcia il serpente».