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Le parole rimaste - Edit

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154<br />

Capitolo II | Gli anni postbellici (1945-1950)<br />

A differenza dell’«Unità», il quotidiano della minoranza non conta molto sulla<br />

propaganda patetico-didattica delle manchettes pubblicitarie 257, e chiarisce piuttosto<br />

i propri intenti nell’articolo di presentazione del romanzo a puntate. In esso c’è, a<br />

due riprese, la volontà di considerare la storia narrata nella sua corrispondenza a<br />

fatti realmente accaduti. In primo luogo si rileva il dettaglio autobiografico o meglio<br />

l’accaduto, la storia del marchese di Croismare, che ha visto coinvolto lo stesso<br />

autore e dal quale Diderot sembra aver tratto ispirazione. È una caratterizzazione<br />

ben diversa da quella storica data dall’«Unità» il 22 giugno 1949. Vi si diceva<br />

che si trattava di un libro proibito che lo stesso Diderot, ultimato il manoscritto,<br />

non poté far altro che chiuderlo in un cassetto. La polemica sociale e politica cui il<br />

romanzo s’ispirava era infatti così bruciante e attuale che la censura di classe della<br />

monarchia e dell’alto clero non avrebbe mai permesso la sua pubblicazione 258. «La<br />

Voce del Popolo» invece, puntando sul solo contenuto, spiega:<br />

Si tramanda che il marchese di Croismare, amico di Diderot e del suo ambiente,<br />

si era ritirato nel 1759 dalla vita mondana relegandosi nelle sue terre di Normandia.<br />

Si voleva a tutti i costi far tornare il “Charmant marquis” a Parigi e gli amici a<br />

tal fine organizzarono una burla. (...) La cosa aveva acceso la fertile fantasia di Diderot<br />

il quale volle scrivere una storia più particolareggiata. La storia fu interrotta<br />

però dalla sua partenza per la Russia e fu portata a termine più tardi e consegnata<br />

per la pubblicazione nel 1780, ma uscì dalla stampa soltanto nell’ anno 1796, dodici<br />

anni dopo la morte dell’ autore 259 .<br />

Nel medesimo articolo, o meglio nella nota biografica sullo scrittore, si osserva<br />

il rilievo centrale che viene ad assumere il tema della monacazione obbligata.<br />

Viene tracciato così un confronto della storia narrata con l’ostinato rifiuto di<br />

Diderot al desiderio del padre di ordinarlo sacerdote. L’articolo viene concluso<br />

con la precisazione che, nel romanzo, l’autore non trascura nulla sia di psicologico<br />

che di descrittivo per presentare gli episodi più scabrosi e per far luce su quanto<br />

di reale racchiude la creduta austerità religiosa di un convento di monache.<br />

La funzionalità, di cui parla Pischedda, è riscontrabile piuttosto nella breve<br />

biografia di Denis Diderot, nella quale, dopo aver spiegato che secondo lo scrittore<br />

filosofo la chiave di tutti i fenomeni si troverebbe in natura e la sua essenza<br />

verrebbe spiegata con l’aiuto della ragione senza l’ intervento della divinità,<br />

l’articolo conclude:<br />

257 La nota pubblicitaria che annuncia la pubblicazione del romanzo dice semplicemente: “Da domani<br />

sul nostro giornale La monaca di Denis Diderot”.<br />

258 Cfr. BRUNO PISCHEDDA, op. cit. p. 108.<br />

259 Cfr., “La monaca” di Denis Diderot”, «La Voce del Popolo», 16 gennaio 1952, p. 3.

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