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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo IV | Dall’era del socialismo reale<br />

Sul finire della guerra il PCJ istituì, nelle zone liberate, gli organismi principali<br />

del futuro ordinamento statuale. Si gettarono così anche le basi dell’Agit-prop,<br />

ovvero dell’organizzazione che avrebbe indirizzato, fino alla sua abolizione nel<br />

1952, la vita culturale dei popoli della Jugoslavia sulla via verso l’edificazione di<br />

quell’uomo nuovo e di quella nuova letteratura i quali elessero, a loro volta, il realismo<br />

socialista a guida e strumento di educazione ideologica delle masse nel conseguimento<br />

degli obiettivi rivoluzionari – secondo gli schemi proposti dalla politica<br />

culturale dell’Unione Sovietica e dai suoi eminenti teorici Andrej Ždanov<br />

e Maksim Gorki che, assieme a Stalin, portarono i postulati marxisti sulla letteratura<br />

all’estrema dogmatizzazione.<br />

L’Agit-prop non aveva funzioni decisionali, che rimanevano competenza dei<br />

vertici del forum politico, e il suo compito primario era di realizzare le iniziative<br />

culturali nonché di propagandare i principi ideologici ed estetici secondo le direttive<br />

dettate dal PCJ. Ai suddetti obiettivi assegnati all’organizzazione, va aggiunto<br />

inoltre quello di controllo nei confronti di eventuali correnti di pensiero non in<br />

linea con gli interessi dell’edificazione socialista. Così, in campo letterario – allo<br />

stesso modo come in ogni altro – si vigilava affinché nella prassi creativa non ci<br />

fossero influenze decadentistico-borghesi. Nello stesso tempo si stimolavano gli<br />

scrittori ad avere costantemente presente un approccio utilitaristico-educativo e<br />

di classe rispetto alla problematica culturale, sia per quanto riguardava l’aspetto<br />

contenutistico, che doveva essere funzionale a quelle che il PC riteneva fossero<br />

le necessità sociali, sia per l’aspetto formale, la cui finalità doveva essere quella di<br />

soddisfare la massima leggibilità – in termini di chiarezza – delle opere, per una<br />

loro più semplice e capillare fruibilità tra le masse popolari.<br />

In questa veste di operatore culturale Sequi partecipa, nel 1944, ancora in piena<br />

guerra, al Primo Congresso dei lavoratori culturali della Croazia, tenutosi a<br />

Topusko. Dopo la guerra si trasferisce a Fiume, investito dell’incarico di segretario<br />

dell’UIIF che mantiene fino il 1951. Nel 1952 ritorna all’Università di Zagabria,<br />

in qualità di lettore e poco più tardi, nel 1953, gli viene assegnata la cattedra<br />

di <strong>Le</strong>tteratura italiana alla Facoltà di Filologia di Belgrado, dove si accasa definitivamente<br />

senza perdere i contatti con la minoranza in Istria e nel Quarnero.<br />

Per quanto concerne la produzione letteraria, esordisce con la poesia Ho visto<br />

stampata nel «Nostro Giornale» del 2 aprile 1945. Nella prima strofa il componimento<br />

attinge a piene mani – servendosi inoltre del costrutto anaforico tipico<br />

di tanta letteratura neorealistica – dal contingente momento storico di cui è<br />

espressione:<br />

Ho visto madri vestite di nero,<br />

pena incarnata, tacito dolore,<br />

sulle pietre gridanti ed annerite<br />

del focolare spento.<br />

Ho visto l’odio, la strage le fi amme

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