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Le parole rimaste - Edit

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Alessandro Damiani<br />

illusioni vitali, anche al di là della negatività della natura, che la ragione svela nella<br />

sua realtà 787 .<br />

Ebbene, ad un certo passo dell’individuale tragitto intellettuale contrassegnato<br />

dalle evidenti attitudini pragmatico-teoretiche, caduti definitivamente i miti e<br />

le ideologie, Cristo 788 e Marx, venuta meno ogni aspettativa positivista (che mai<br />

è stata sul serio posseduta) nel progresso scientifico e tecnologico, minacciata<br />

la base etica e biogenetica dell’equilibrio sociale e naturale dell’uomo, sembra<br />

che Damiani desideri intensamente – e similmente a <strong>Le</strong>opardi – mantenere in<br />

vita almeno una utopia: l’arte, e la poesia quale unica e «ultima forza capace di<br />

far resistere le illusioni vitali». Tant’è che verso l’uscita del X idillio, chiamando<br />

direttamente in causa il celebre Canto notturno, Damiani dà forma (dietro la comparsa<br />

scenica della luna) alla speranza che la poesia possa recuperare l’idoneità a<br />

infondere nei discendenti dell’umanità spaesata «il bisogno antico di favole»; un<br />

bisogno, questo, sorto con la nascita della cultura e che forse rischia di scomparire<br />

tristemente, secondo i timori del poeta, nella civiltà post-moderna:<br />

Non è tempo di pensieri nostalgici<br />

né ha più senso il rammarico come<br />

al tramonto di un’epoca col vecchio<br />

biliosamente ostile alle energie<br />

scalpitanti verso il futuro e avide<br />

di colmare la propria vicenda<br />

di errori non sempre magnanimi.<br />

Nel panorama sbiadito che s’addice<br />

a questa fi era di noia tra discorsi<br />

normalmente idioti e programmi<br />

del tutto insensati è in atto<br />

un fenomeno d’inaudita bellezza:<br />

mutazione biologica che renderà<br />

l’uomo prossimo venturo alieno<br />

dalla propria matrice giunta<br />

fi no a noi. Alterità psichica<br />

nel perdurare di analogie somatiche<br />

e il linguaggio travolto dal grande<br />

equivoco: né Cristo né Marx<br />

787 GIULIO FERRONI, Profi lo storico della letteratura italiana, Einaudi scuola, Milano, 1992, p. 667.<br />

788 “Dio è morto” è l’espressione coniata da Nietzsche. Per Damiani Dio è sinonimo di Fede, e<br />

quest’ultima è stata soppiantata dalla scienza, perché «Anche la scienza è pervenuta / alle verità<br />

estreme, / approdo roccioso un tempo / della Fede» (dal componimento Anche la scienza è pervenuta<br />

della silloge Note di viaggio).<br />

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