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Le parole rimaste - Edit

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non si vedono più i vecchi<br />

sulle sedie fuori casa:<br />

parte dei muri scrostati,<br />

la loro attesa era docile<br />

immersa nella lontananza,<br />

le loro rughe corrispondevano<br />

al labirinto dei loro spiriti,<br />

le teste assopite sul petto<br />

fi ssavano nelle vene ingrossate<br />

l’ultimo sangue della vita.<br />

Ora che è giunto il mio turno<br />

mi sono seduto fi nalmente<br />

sotto il muro al sole tiepido<br />

ma non ho trovato nell’affanno<br />

i molti sogni svaniti<br />

ed i troppi inganni subiti.<br />

Folate di terra e d’autunno<br />

nel delirio di colori ferrigni.<br />

Un sole sempre più freddo e nel vuoto<br />

la feroce voracità del tempo.<br />

Mario Schiavato<br />

Nella Voracità del tempo è la rassegnazione a diventare il trait d’union dell’ars poetica<br />

di Schiavato 662. In questa silloge l’accettazione dell’alienazione – il cui faticoso<br />

riconoscimento deriva dalla mancanza di alternative che teoricamente<br />

potrebbero essere pensabili ma che nella realtà pratica risultano impercorribili<br />

– porta di continuo al punctum dolens dell’assoluto annientamento delle speranze<br />

per sé e per il mondo istriano, di cui il poeta tuttavia non ne ha abiurato del tutto<br />

il salvifico ricordo 663. Ma di certo adesso le tematiche di maggior spicco sono<br />

l’avvilente transitorietà personale e la caducità collettivisticamente drammatica<br />

dell’Istria rurale. La voracità del tempo è dunque una poesia “della memoria in<br />

quanto «emozione», che quindi comprende tutta una serie di reazioni psicologi-<br />

662 La straziante sopportazione del declino d’ogni aspettativa è qui artisticamente sostenuta dal riconoscimento<br />

della transitorietà umana e storica (la vecchiaia è da Schiavato in questa silloge<br />

oramai minacciosamente avvertita) .<br />

663 Qualche consolatoria attesa resiste ancora (come nella lirica Oggi che il verde: «Oggi che il verde<br />

/ è innocente e tenero / sento svegliarsi la linfa / lungo il mio tronco stanco. / Eppure posso<br />

ancora / rinfoltire la chioma / e nascondervi pigolii nuovi / e nuovi frulli d’ali / e lottare ancora<br />

con le tempeste / che vogliono stracciare / gli ultimi singulti») ma, oramai, più che nella realtà<br />

delle cose resiste nel fulmineo e fuggitivo trasporto intimamente vissuto nell’attimo fuggente di<br />

uno specifi co istante.<br />

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