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Le parole rimaste - Edit

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Una voce fuori dal coro: Osvaldo Ramous<br />

Proprio in virtù della somma esemplarità di cui sono portatrici, le tre poesie sopra<br />

riportate non sono rappresentative delle sillogi cui appartengono 390 ma soltanto<br />

casi esemplificativi del ragionamento sulle componenti musicale e pittorica.<br />

Lo svestimento, ossia l’assottigliamento di quella che Damiani chiama “festosità<br />

barocca” 391, permette la configurazione della terza ed ultima fase poetica,<br />

quella dell’essenzialità espressiva. Lo spiega lo stesso Ramous:<br />

Certo, la poesia degli anni maturi non è, non può essere più fremito di sensazioni,<br />

tuffo inebriante nel mare della vita, canto spiegato, ma rimeditazione, ricerca<br />

nel profondo, un lirismo intriso di pensieri anziché di immagini pure. La<br />

saggezza di questa età, comprensibilmente temuta in gioventù, mi serba invece<br />

delle gioie più intime, se non un mondo nuovo, un nuovo modo di vedere il<br />

mondo 392 .<br />

Al poeta si spalancano le porte di un nuovo modo di considerare il mondo,<br />

il quale gli si prospettava sotto le sembianze dell’assurdo 393. Adesso Ramous<br />

preferisce appropriarsi con maggiore persuasione del costrutto semantico-linguistico<br />

del messaggio lirico, tanto che l’inclinazione all’essenzialità espressiva<br />

del pensiero diventa la cartina di tornasole del nuovo corso poetico. Questa essenzialità<br />

espressiva può addirittura in alcuni casi far addentrare la perseverante<br />

struttura psicologica del poeta (che continua a riflettersi e nel contempo a rispecchiarsi<br />

nel trascorrere del tempo nonché nella precarietà della vita, cioè negli<br />

epistemi dei quali si è parlato all’inizio) nel realismo, come nella poesia Appuntamento<br />

con l’amico defunto della silloge Realtà dell’assurdo:<br />

Dovevamo incontrarci giovedì,<br />

ma la domenica<br />

il telefono mi scrollò<br />

con la notizia della sua scomparsa.<br />

Non volli immaginarlo<br />

390 La poesia <strong>Le</strong> chitarre assordanti appartiene alla silloge Pianto vegetale, Un pugno di conchiglie alla silloge<br />

Il vino della notte e La seminatrice alla silloge Vento sullo stagno.<br />

391 ALESSANDRO DAMIANI, Prefazione... cit., p. 9.<br />

392 Dichiarazione rilasciata dal poeta ad Alessandro Damiani in occasione della pubblicazione<br />

dell’ultima silloge. La si trova nell’articolo “Una nuova raccolta di poesie di Osvaldo Ramous,<br />

Pietà delle cose”, in «Panorama» 12/1977.<br />

393 Non a caso l’ultimo ciclo creativo si apre con la lirica Abbiamo aspettato, le cui quasi indulgenti<br />

proroghe della prima strofa defl uiscono nella palese e insieme assurda ‘consistente inconsistenza’<br />

della seconda strofa: «Abbiamo aspettato / dieci, / poi quindici, / poi vent’anni. / Si parlava<br />

sempre / del domani. // Ad un tratto / ci siamo accorti / che quel domani / era l’eternità».<br />

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