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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo II | Gli anni postbellici (1945-1950)<br />

stinato ai ragazzi, iniziò le pubblicazioni nel febbraio del 1948, sotto la direzione<br />

di Luciana Meconi-Mecovich. Nello stesso mese nacque pure il quindicinale «Vie<br />

Giovanili» che, nel suo primo numero, datato 18 marzo, si definì “il vessillo dei<br />

giovani italiani”. Proprio su questo quindicinale fu condotta la più assidua propaganda<br />

per sollecitare i giovani “studenti, operai e contadini” a cimentarsi nella<br />

produzione letteraria; e proprio su quelle pagine fu dato il più ampio spazio a<br />

quella produzione 115. Nel n. 5 del 17 aprile 1949 furono indicate, tra l’altro, le linee<br />

tematiche che “necessariamente” avrebbero dovuto essere espresse:<br />

la nostra letteratura deve essere realista, concretamente legata al periodo storico<br />

che attraversiamo: trarre ispirazione dalla vita quotidiana del nostro popolo, dalla<br />

lotta che esso conduce per la realizzazione delle sue aspirazioni (...). La realtà<br />

delle nostre fabbriche, dei nostri cantieri, la nuova vita dei villaggi e delle campagne<br />

devono trovare espressione….<br />

L’anno successivo, in un’intervista per la pagina “Arte, cultura, letteratura” del<br />

settimanale «La Voce dei Lavoratori», Sergio Turconi, nella sua qualità di segretario<br />

della Commissione letteraria dell’Unione degli italiani, fece un bilancio della<br />

produzione letteraria ed espresse alcuni giudizi che bene illustrano le tendenze e<br />

l’atmosfera dell’epoca:<br />

La produzione letteraria, spronata innanzitutto (…) attraverso i Concorsi permanenti,<br />

si è sviluppata abbastanza largamente ed ha abbracciato tutte le categorie di<br />

lavoratori, operai, qualche giovane studente, impiegati, oltre a una certa cerchia<br />

ben nota di intellettuali. Interessante e significativa è la partecipazione di alcuni<br />

operai, come Cristaudo di Fiume, Schiavato di Dignano e Macor di Pola.<br />

Anche la tematica, per Turconi, era soddisfacente: vicende della vita delle cooperative<br />

agricole, il lavoro nel porto e nelle grandi industrie, ecc. Tuttavia era<br />

errata la pretesa di “sviluppare in massa la letteratura fra gli operai” (…) a meno<br />

che non si tratti di operai che siano autodidatti, che siano portati allo studio e<br />

che si mettano seriamente a studiare”. Era perciò necessario aiutare “gli operai<br />

che posseggono delle buone qualità”, ma “soprattutto raddoppiare gli sforzi e<br />

suscitare interesse per la letteratura e la creazione letteraria fra gli studenti, dai<br />

115 Nel primo numero di «Vie Giovanili» MARIO DE MICHELI tradusse il decimo canto della Fossa,<br />

celebre poema di IVAN GORAN KOVAČIĆ; nei numeri successivi, anzi in tutti i sessantotto numeri<br />

della rivista, si alternarono con racconti e poesie decine di giovani, ma gli assidui, come accennato,<br />

furono Schiavato e Scotti: il primo esclusivamente con testi narrativi (passerà alla poesia negli anni<br />

maturi), il secondo con qualche racconto e poesie, fi rmandosi anche con gli pseudonimi di Gino<br />

Sergi e Icarus.

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