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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo IV | Dall’era del socialismo reale<br />

blema ritorna in La bottiglia di grappa, efficace raffigurazione di un composito nucleo<br />

familiare istriano, dove gli anziani coniugi parlano il loro dialetto istroveneto<br />

(e il vecchio manifesta il suo “amore per il dialetto” con un’”allarmante” esortazione:<br />

“Non dismentigheve el nostro bel dialeto. El xe fresco e pien de odori come el pan apena<br />

coto. E del pan, savè tuti, non se pol far senza”), mentre la nuora Gordana usa con<br />

la figlioletta Ljubica il croato. Tuttavia il centro del racconto non sta tanto nella<br />

descrizione del conflitto linguistico, quanto piuttosto nello “spaccato” di vita popolare<br />

e contadina, e in ispecie nel dissidio fra il vecchio paralizzato, desideroso di<br />

bere un po’ di grappa, e la moglie bisbetica e bigotta che glielo impedisce. Emerge<br />

un’Istria arcaica in via di estinzione.<br />

Il racconto <strong>Le</strong>ttera a Mario è una fervida e colorita rievocazione del periodo della<br />

guerra e del dopoguerra nell’Istria e a Fiume: Mario ha combattuto valorosamente<br />

contro i tedeschi, ma nell’immediato dopoguerra si è recato, senza fornire<br />

spiegazioni, a Caracas; e Nini, l’“io” narrante, cerca nella sua lunga lettera di capire<br />

perché Mario sia fuggito, e mira anche a chiarire e a far intendere, nei suoi lati positivi<br />

e negativi, la situazione fiumana postbellica, soffermandosi su diversi amici<br />

che, dopo essere stati partigiani, hanno percorso strade differenti e hanno variamente<br />

affiancato all’impegno politico e sociale il perseguimento del proprio tornaconto.<br />

Viene così fatta luce su di un complesso paesaggio umano, su cui Martini<br />

si trattiene con lucida, sicura penetrazione; anzi, è forse questo il racconto in<br />

cui meglio si rivela la sua posizione di scrittore politicamente ed eticamente impegnato.<br />

La sua conclusione, ossia quella dell’alter ego Nini, è che Mario ha sbagliato<br />

ad allontanarsi da Fiume come ha sbagliato il fratello di Nini trasferendosi a Milano.<br />

La morale della favoola è chiara: chi è nato e vissuto in Istria vi deve rimanere<br />

o vi deve tornare: come fa Nerea, figlia dell’amico Ernesto, la quale, ospite per<br />

qualche tempo di Nini, impara il croato e sposa un giovane ingegnere di Zagabria,<br />

che a sua volta si mette a studiare l’italiano.<br />

A questo racconto si ricollega La coscienza al bivio, in cui l’ex partigiano Gigi, divenuto<br />

dirigente d’azienda, è indotto dalla memoria del suo passato di antifascista<br />

e di combattente, oltreché dai consigli della figlia Nora, ad assumere un atteggiamento<br />

d’intransigente fermezza in una riunione aziendale, durante la quale pone<br />

se stesso e i suoi collaboratori di fronte alle comuni responsabilità per il cattivo<br />

andamento della ditta e formula su quanto è avvenuto una critica severa ma necessaria.<br />

Indubbiamente c’è un abisso tra questa figura di dirigente, contemplato<br />

in un’ottica positiva, e quella di Giacomo, personaggio della <strong>Le</strong>ttera a Mario, che fa<br />

mettere “sul conto dell’azienda” il lauto pranzo offerto a Nini. Anche questa radicale<br />

differenza rimanda al nucleo centrale dei racconti di Martini, e cioè a quell’alto<br />

senso etico che costituisce il fondamento della sua ideologia politica.<br />

Che tale eticità non incrini la serena, disinteressata rappresentazione artistica,<br />

ma l’approfondisca e la renda più intensa, conferendo per di più unità e continuità<br />

ai singoli racconti, è un carattere e un merito della narrativa di Martini.<br />

Il quale, attraverso una molteplicità di personaggi, di episodi e di situazioni, ha

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