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Le parole rimaste - Edit

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574<br />

Capitolo VI | Dire in dialetto<br />

camini, ossia della cittadina qual era prima della diaspora, abitata «da quila zento<br />

ca ma diva veita». La nostalgia per il passato, in ogni modo, non varca il limite<br />

dell’idealizzazione dello stesso, ma resta sospesa fra due ordini di feedback, entrambi<br />

gestiti realisticamente e corrispondenti su un versante alla rievocazione<br />

dell’innocenza infantile o della passionalità giovanile, e sull’altro alla memoria<br />

dello stato di miseria in cui versava il ceto popolano rovignese (di cui il poeta<br />

faceva parte) nella prima metà del secolo.<br />

Al mondo dell’infanzia, vagheggiato come una deliziosa età sensa culpa, Curto<br />

torna in Li s’ceînche [<strong>Le</strong> biglie] 986, che è dell’inizio degli anni Settanta. Raramente<br />

il poeta fa intendere la tematica dell’esodo nel momento stesso del suo proporsi.<br />

Essa è preferibilmente mascherata e indirettamente mediata dai soggetti<br />

poetici (le cose e le persone) che riaffiorano dal passato in forma di memoria, e<br />

soltanto saltuariamente è concretata. Un esempio della sua concretizzazione lo<br />

si trova nella chiusura della poesia là dove il ricordo degli amici d’infanzia, “mai<br />

dimenticati” e “raminghi pel mondo”, è portato allo spasimo dell’invocazione<br />

“Gente... gente mia dove siete...”:<br />

Turnivo in quil magazeîn dasmantaga dal tenpo<br />

anduve ca miei racuordi gira inpicadi cume quadri<br />

Zi sizare, ciaciare da pasarite ancura veîve<br />

s’ceînche da viro culurade ca ma uorba i uoici<br />

e drento quil viro tanti peîci muziti ca ma varda<br />

zi Piro, Tuoni... e altri mai dasmantagadi.<br />

Zento... zento mieîa anduve signî... ramengo pal mondo<br />

Riestra in quil viro cristalizadi qui moûzi<br />

ca creîstaleîzia la mieîa anama da gramai veîva 987.<br />

Ancora di taglio poematico-narrativo tre fra le sue ultime composizioni, pubblicate<br />

una accosto all’altra 988 non certamente per caso: In quila nuoto [In quella<br />

notte], Falimento [Fallimento] e ∫uono par oûna sira [Giovane per una sera]. Si<br />

presentano come un tutt’uno lirico-autobiografico, vagamente neo-orfico, e le<br />

corde toccate vanno dalla romantica reminiscenza (In quila nuoto), dalla sincerità<br />

986 Curiosamente si ritrovano alcuni motivi (le biglie con cui il poeta giocava da ragazzino, dimenticate<br />

in un vecchio magazzino-cantina, il ricordo degli amici di un tempo, la pena di saperli sparsi<br />

nel mondo...) in Un vecio tapo [Un vecchio tappo] di Venci Krizmanich.<br />

987 Da Li s’ceînche [<strong>Le</strong> biglie]: «Tornavo in quel magazzino dimenticato dal tempo / dove i miei<br />

ricordi erano appesi come quadri / (...) / Ci sono sizare, ciaciare da pasarite ancora vive / biglie<br />

di vetro colorato che mi accecano / e dentro quel vetro tanti piccoli visetti che mi guardano /<br />

c’è Piro, Tuoni, e altri mai dimenticati. // Gente... gente mia dove siete... raminghi pel mondo.<br />

/ Restano nel vetro, cristallizzati quei visi / che cristalizzano la mia anima a malapena viva».<br />

988 Vedi l’Antologia di “Istria Nobilissima”, XXIV/1986, pp. 38-49.

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