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Le parole rimaste - Edit

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536<br />

Capitolo VI | Dire in dialetto<br />

dell’uomo in ogni recondito angolo del globo. Da quanto si è detto si potrebbe<br />

dedurre che la coscienza del poeta è “ecologista”, preoccupata innanzitutto<br />

per le sorti degli equilibri naturali della Terra. Ma questo piano di lettura da solo<br />

non basterebbe a fare di Zanini quello che egli davvero è, ossia un poeta poliedrico<br />

e radicale. La poliedricità zaniniana è da ricercare nei sensi metaforico<br />

e allegorico (a seconda dei singoli casi lirici), caratteristici del suo intero opus, e<br />

sono contemporaneamente quelli che traducono il secondo livello di lettura e, il<br />

più delle volte, anche un terzo. Qui i pesci non sono semplicemente pesci. Quei<br />

pesci sono i rovignesi. Non le “orate” e i “branzini” delle ricche tavolate, ma il<br />

ceto popolano di umili contadini e pescatori, ossia quella moltitudine di donne<br />

e uomini “pesciolini senza nome”, andati via dopo il ‘45 con l’esodo. Dei pochi<br />

rimasti, dice il poeta, pochi diventano adulti, cioè pochi restano fino in fondo<br />

“rovignesi veraci”, perché vengono ‘raccolti’, cioè assimilati.<br />

È chiaro, ormai, che l’inquinamento di cui Zanini scrive non è solo dell’habitat,<br />

ma ha a che fare con l’onestà intellettuale, con l’onestà politica, con l’onestà<br />

etica. O con la semplice onestà, della quale l’umanità generalmente difetta. La<br />

denotazione lessicale si limita quindi a tradurre l’ambiente geografico. Ma non<br />

appena si passa al secondo piano di lettura ci si imbatte in un un procedimento<br />

metonimico (cioè allegorico, come in Pesce senza nome), oppure in un procedimento<br />

metaforizzante (cioè simbolico) in altre liriche 907. Il secondo piano di lettura<br />

è il grado intermedio tra la denotatività letteraria del primo piano di lettura<br />

e l’irradiazione universale dei contenuti poetici del terzo piano di lettura. Nel<br />

terzo piano i contenuti si rivolgono alla totalità degli individui, di ogni meridiano<br />

e parallelo, e non riflettono perciò unilateralmente la sola condizione di Rovigno,<br />

geograficamente e storicamente stabilita nel secondo piano. La distinzione<br />

fra il secondo e il terzo piano, quindi, è da ricercare nella diversa ‘diramazio-<br />

907 Parlando di Ramous e del suo percorso allegorico, in ogni caso diverso da quello di Zanini, è già<br />

stato richiamato un lungo passo di Romano Luperini, utilissimo anche qui per comprendere la<br />

poetica zaniniana, giacché esamina la diversità tra il discorso simbolico e il discorso allegorico.<br />

Cioè tra l’unità fra il particolare e l’universale nel procedimento analogico proprio alla sinonimia<br />

simbolica (dove il poeta vede “immediatamente “nel particolare l’universale”) e la divergenza<br />

fra i due termini, il particolare e l’universale, nel procedimento proprio all’omonimia allegorica<br />

(dove il poeta “riconosce il particolare come tale e da ciò viene indotto a cercare la sua relazione<br />

con l’universale”). Praticamente la differenza che passa tra il simbolo e l’allegoria è che nel primo<br />

a dominare è la metafora, nella seconda, invece, la supremazia è della metonimia. In Zanini, a<br />

ben vedere, c’è un continuo interscambio fra il simbolo e l’allegoria, tanto che a volte accade<br />

di trovarsi nel dubbio se sia l’uno o l’altra a prevalere. Ciò accade perché a dividere il simbolo<br />

dall’allegoria, e viceversa, spesso è soltanto una sottile “membrana porosa” la quale permette<br />

la mescolanza e l’intervallamento degli iter metaforico (o analogico) e metonimico (o del soprasenso).<br />

Questa incertezza/indeterminatezza, che merita di sicuro più approfondite analisi, è<br />

costantemente accompagnata da una osservazione psicologica della realtà di tipo realistico, che<br />

sembra semplifi care eppure va a complicare il discorso.

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