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Le parole rimaste - Edit

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518<br />

Capitolo VI | Dire in dialetto<br />

grandi numeri, del globale e dell’impersonale, e testimonia della libertà e della<br />

parità di cittadinanza delle lingue all’interno di una creatività poetica che va valutata<br />

secondo i parametri dell’arte e non in base alla scelta linguistica dei poeti.<br />

Il pregio della creazione lirica non dipende dalla lingua, non è una questione di<br />

lingua ma di poesia che, come rileva il dialettale Franco Loi, non ha discrimini<br />

di lingua in quanto è in sé una lingua. La poesia è la lingua del rapporto tra l’uomo<br />

e se stesso, tra l’uomo e gli altri, l’uomo e il mondo. “È anzi lo specchio più<br />

reale e veritiero di questi rapporti. E siccome si esprime non attraverso meditazioni<br />

ideologiche o letterarie, ma attraverso l’esperienza diretta della soggettività,<br />

è la lingua particolare dell’uomo, del poeta che la esprime” 870.<br />

Per molti aspetti la produzione poetica dialettale nell’Istro-quarnerino dell’ultimo<br />

cinquantennio esterna similitudini e punti di contatto con quella più o<br />

meno sincronicamente scritta nella penisola italiana. Con qualche distinguo.<br />

Vediamone i principali.<br />

Pure in Istria, come nell’Italia del secondo Novecento, i poeti dialettali optano<br />

per il dialetto 871 in quanto lingua vergine, feconda, in opposizione all’italiano<br />

standard troppo sfruttato, incolore, percepito come svuotato di suggestioni e<br />

di potenzialità espressive. Con la differenza però che nell’Istro-quarnerino, data<br />

la nuova situazione geopolitica, la lingua standard è oltretutto, anzi piuttosto,<br />

avvertita dai poeti dialettali ( Stell, Milinovich, ma anche Curto e Krizmanich)<br />

come esterna, aulica e distante, inadatta a rendere poeticamente il loro mondo.<br />

Per loro il dialetto è effettivamente atto a ottenere – come ebbe a dire Pasolini<br />

– una poesia diversa 872.<br />

Ma c’è un’altra motivazione, più importante ancora: come rileva Brevini 873<br />

all’opposizione “stilistica lingua dell’espressività vs lingua dello stereotipo”<br />

va accostata quella sul piano psicologico: “lingua dell’autobiografia vs lingua<br />

dell’anonimato” 874. Dove – in Istria rispetto all’Italia – cambiano però i valori di<br />

riferimento e il contesto. Se – come ricorda Brevini – in Italia la poesia dialettale<br />

si afferma ed è il risultato di quelle tendenze soggettivistiche e individualistiche<br />

diffuse dalla società “post-materialista”, in cui l’espandersi in Occidente del benessere<br />

e dell’istruzione per la maggioranza della popolazione crea una sostitu-<br />

870 FRANCO LOI, Attorno al dialetto e alla poesia, «La Battana», n. 125/1997, p. 24.<br />

871 STEFANO GIOVANARDI, Introduzione, in Poeti italiani del secondo Novecento, a cura di MAURIZIO<br />

C UCCHI e STEFANO GIOVANARDI, vol. I, Milano, Oscar Mondadori, 2004, p.XXVII.<br />

872 FRANCO BREVINI, <strong>Le</strong> <strong>parole</strong> perdute. Dialetti e poesia nel nostro secolo, Piccola Biblioteca Einaudi,<br />

Torino, 1990, p.74.<br />

873 FRANCO BREVINI, “La comunità solitaria. Per la ricostruzione dei contesti sociali della poesia dialettale<br />

contemporanea” in La maschera del dialetto. Tonino Baldassari e la poesia dialettale contemporanea,<br />

a cura di ANDREA FOSCHI e ELIO PEZZI, Longo editore, Ravenna , 1988, p. 54.<br />

874 Ibid.

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