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Le parole rimaste - Edit

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Gianna Dallemulle Ausenak<br />

attraverso l’ironia, che rimane, a differenza della complicità, un concetto sfuggente,<br />

allusivo, non facilmente definibile, qualcosa di vago, di nascosto che percorre<br />

i racconti. L’umorismo, la sottile e lucida ironia, il divertimento, lo scherzo<br />

aiutano a mantenere la scrittura fresca e vivace, aiutano a mantenere la salute<br />

mentale del lettore.<br />

Dal proposito di fissare un momento, una situazione o un caso curioso sono<br />

nati i racconti Andar o restar e Orsola, spaccati di vita “levigati” con umanità e<br />

poesia. Quel primo, in cui si colgono note di tristezza, di malinconia, di struggimento,<br />

di immaginare una vita diversa, è giocato sul filo di ricordi familiari<br />

recenti, allacciati al dopoguerra, alle condizioni difficili a Pola, al terremoto<br />

dell’esodo, alla decisione di ogni singolo nucleo familiare di restare o di andarsene<br />

in Italia sul “Toscana”. Nel secondo, Orsola, si respira un’atmosfera di altri<br />

tempi, della Pola che fu, collegata a ricordi familiari che vengono da lontano,<br />

a una ragazzina che, sospinta da un bisogno romantico di evasione, s’incanta a<br />

guardar passare personaggi mitici, signori ufficiali in uniforme elegante e sciabola<br />

al fianco e belle signore vestite alla moda, che, in carrozza, secondo tradizione,<br />

attraversano la città fino al Kasino Marine per inaugurare la bella stagione,<br />

e dimentica così di correre a casa a portare il pesce per il pranzo che invece<br />

finisce sparpagliato, limaccioso e stracotto, sul marciapiede.<br />

Godibilissimo è Boboli e formagele [Lumache e formaggio 1185], un racconto affidato<br />

al richiamo di impalpabili incanti e di picaresche sorellanze. Di quando si<br />

andava per campi e prati con l’amica Rina a cercare “boboli” ed erba fresca con<br />

cui nutrire conigli, anatre e galline, in una sorta di smemoratezza che non era altro<br />

che la felicità. E poi si andava una volta alla settimana a Valdebeco a prendere<br />

il latte dalla siora Maria che un giorno volle insegnare a quelle due signorinette<br />

di città come si faceva il formaggio fornendo loro l’apposito siero giallastro e<br />

le istruzioni per l’uso. <strong>Le</strong> “formagele” saranno fonte di tentazione irrefrenabile<br />

per una ragazzina e oggetto di indulgenza e istintiva generosità dell’altra.<br />

I racconti in dialetto della Dallemulle contengono in sé l’‘elogio della lentezza’,<br />

la riappacificazione con l’esperienza, l’invito alla contemplazione e alla riumanizzazione.<br />

In un Duemila ormai avviato, di fronte ad una civiltà lanciata in<br />

una parossistica corsa con la metamorfosi, la sosta nella casa della memoria e<br />

nella stanza segreta dell’essere non può che garantire l’armoniosa articolazione<br />

tra passato e futuro. Abbiamo il dovere di salvare ciò che siamo stati e di trasmetterlo<br />

alle generazioni più giovani. Solo così si ha la certezza che niente è rimasto<br />

intentato, e l’illusione che l’esperienza del mondo che abbiamo fatto ha<br />

avuto un valore.<br />

1185 Formaggio tenero di latte di pecora o capra, in piccole forme schiacciate, da mangiare fresco.<br />

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