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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo V | La seconda stagione: dal «noi» all’«io» (1963-1974)<br />

lorosamente ciò che è stato, compresi gli anni migliori della gioventù, non cancella<br />

i ricordi che rinascono e ritornano spontanei. Nei versi di questa raccolta<br />

prende inoltre corpo l’immagine mesta del paese, Dignano, snaturato e ingrigito<br />

dall’abbandono, quasi spettrale se messo a confronto con paesi “altri” che la<br />

fantasia immagina ridenti, simili a luoghi di fiaba. Luogo indifeso, invece, la sua<br />

Dignano in Paesi, cui unico baluardo rimane la voce della poetessa, ridotta poco<br />

più che fioco balbettio indistinto nell’insensibilità della fredda realtà:<br />

Certi paesi, lo so,<br />

hanno ancora la terra<br />

fresca, e dagli alberi-querce<br />

i rami fi oriti cadono<br />

come pendagli d’oro,<br />

e con gli uccelli il vento<br />

suona intorno. Il mio<br />

ha soltanto i camini<br />

rimasti a bucare il cielo<br />

grigio e triste in cambio<br />

di un pugno di fi eno,<br />

e la mia voce: un’eco<br />

fatale confusa nel giorno<br />

che ha perso calore.<br />

Nel 1981 la Forlani compone una breve silloge intitolata Alla fine il delirio, alla<br />

quale due anni dopo fanno seguito Frammenti 833. La vena nostalgica, il rammarico<br />

per i troppi cambiamenti sopravvenuti che hanno livellato usi, costumi e modus<br />

vivendi di un piccolo mondo ancestrale, nel tempo si sono accentuati, per cui non<br />

può essere altro «che penoso quando ti tocca vivere / oggi il degrado / delle antiche<br />

virtù / divenuto abitudine / al di là delle ipotesi». L’accorato richiamo-denuncia<br />

induce alla riflessione e alla presa di una coscienza che non subisca lo stravolgimento<br />

in atto con l’abitudine alla rassegnazione, ma disapprovi e vi si opponga,<br />

quanto meno sul piano etico. Uno dei contenuti preferiti della Forlani è costituito<br />

dall’assenza (o dalla quasi assenza) di uno ieri che sopravvive solo nelle pieghe della<br />

memoria, inalienabile dal senso di appartenenza alla terra istriana, quale civiltà<br />

calpestata dalla storia ma, finché si è vivi, incancellabile e immodificabile:<br />

Sembra che voci e rumori<br />

riecheggino ancora nell’aria<br />

e tutto si confonda: prevale<br />

833 Dall’Antologia di “Istria Nobilissima”, vol. XVI, UIIF-UPT, 1983.

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