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Le parole rimaste - Edit

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che sfi orano gli occhi<br />

e un calmo rintocco che culla<br />

e piega i ginocchi.<br />

Ma il buio rintocco s’accresce<br />

improvviso,<br />

rigonfi a. Straripa la bronzea<br />

fi umana, rombando<br />

con suono d’abisso.<br />

Nell’ora<br />

bianca che trascolora<br />

il volto già spento<br />

ritorna con passi di piombo<br />

la voce cupa del vento<br />

più gelido, il lugubre rombo.<br />

Una voce fuori dal coro: Osvaldo Ramous<br />

* * *<br />

Nell’ombra più calma, la sera<br />

la tua fi gura m’apparve,<br />

arbusto sorto ad un soffi o<br />

affettuoso di vento,<br />

in tenui forme racchiusa<br />

aerea scultura.<br />

Non ebbi <strong>parole</strong> da offrire<br />

al tuo sorriso, ma il sonno<br />

soltanto, il totale<br />

abbandono di me, sulla soglia<br />

del giardino incantevole.<br />

Un fi lo di luce, al mattino,<br />

mi svegliò scintillante. Sull’erba<br />

la rugiada era intatta.<br />

Richiamo di vita lontana,<br />

come posso seguire<br />

la tua voce nel vasto<br />

mare del giorno?<br />

Questi componimenti si pongono, assieme a qualche altro, alle due estremità<br />

stilistiche della silloge in parola. Da una parte, una lettura analitica de Il buio<br />

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