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Le parole rimaste - Edit

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186<br />

Capitolo III | Tra neorealismo e realismo<br />

È vero che nella letteratura italiana dell’Istria e di Fiume un identico tipo di<br />

uscita dalla norma neorealistica non sarebbe potuto avverarsi pienamente, tuttavia,<br />

nel caso in cui gli “operatori culturali” istro-fiumani si fossero anche minimamente<br />

identificati nella neoavanguardia, qualche traccia, qualche “segno<br />

letterario” lo si dovrebbe pur trovare nei testi dell’epoca 303. D’altra parte, non si<br />

riscontra alcun collegamento culturale, anzi, si nota una viscerale estraneità della<br />

letteratura italiana istro-quarnerina alle nascenti e già affermate nuove sensibilità<br />

dei principali centri della Jugoslavia. Labili tracce soltanto, non bastevoli<br />

ad affermare che la letteratura della minoranza si ispirasse agli esempi artistici<br />

della patria d’origine o di quella d’adozione. L’imperante realismo, a parte gli exploit<br />

apologetici, ha semmai a che fare con un “oggettivismo” il quale si fonda<br />

primariamente sul riconoscimento di una realtà oggettiva che concerne l’oggetto<br />

ma che nello stesso tempo non prescinde dalle percezioni e dalle valutazioni<br />

individuali dello stesso. Siamo in presenza, pertanto, di un oggettivismo che si<br />

sottrae all’oggettività pura e si lascia permeare dal giudizio e da una visione etica<br />

del mondo che ridà significato ai fatti e alla storia. Un oggettivismo talmente<br />

a largo uso da poter essere ‘addebitato’ a quasi tutti i poeti istro-quarnerini. Un<br />

oggettivismo, quindi, che va diversificato di caso in caso, seguendo attentamente<br />

il suo svolgimento dal 1945 in poi.<br />

303 Alessandro Damiani e Lucifero Martini, le cui opere sono vigorosamente critiche, non hanno<br />

pubblicato niente di considerevole né nella seconda metà degli anni Cinquanta – quando in Italia il<br />

neorealismo veniva soppiantato dalla neoavanguardia – né nella prima metà degli anni Sessanta –<br />

quando in Italia imperversava la neoavanguardia. Damiani, benché durante la sua residenza a Roma<br />

(1958-1965) abbia stretto un felice connubio con la sinistra intellettuale ruotante intorno alle riviste<br />

«Offi cina», «Rendiconti» e «Il Menabò», pubblica la sua prima opera letteraria appena nel 1967. La<br />

prima vera silloge di Martini, invece, risale al 1971. Il “criticismo letterario” dei due autori, quindi,<br />

è da ritenersi fuori ‘tempo utile’ per poterli rapportare alla neoavanguardia italiana.

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