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Le parole rimaste - Edit

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Gli inizi pionieristici di una “nuova” cultura<br />

Stornelli, ma il canto divenne popolarissimo come Istria cara. Più tardi nacquero<br />

altri canti partigiani, musica e <strong>parole</strong> di autori italiani combattenti. Così il fiumano<br />

Serafino <strong>Le</strong>naz scrisse e musicò Mamma, io ti saluto, mentre il rovignese Marco<br />

Garbin, che per un certo periodo diresse un coro partigiano nei boschi, musicò<br />

tre canzoni di lotta, I combattenti istriani, Avanti all’assalto e Inno della gioventù partigiana,<br />

i cui versi furono scritti in tandem: il terzo con Maria Sponza-Poropat, nome<br />

di battaglia Diana, i primi due con Giusto Massarotto, rovignese pure lui, che nel<br />

dopoguerra sarà per diversi anni presidente dell’Unione degli italiani. Massarotto<br />

fu anche l’autore, da partigiano, della canzone I combattenti istriani che, nella prima<br />

stesura, era intitolata Marcia in onore dei nostri caduti. Cominciava così:<br />

Nella dura lotta i partigiani cadono,<br />

per la libertà dei popoli si coprono di gloria.<br />

I figli migliori non temono e non parlano,<br />

eroicamente muoiono, per migliorar la storia.<br />

Dai versi scritti per diventare canzoni di lotta, adattati a motivi popolari, non<br />

si può pretendere un valore letterario, né lo hanno le <strong>parole</strong>, scritte per essere<br />

musicate, di Massarotto, di Sponza e di Poropat; e tuttavia restano come documenti<br />

di un’epoca. Il primo lavoro teatrale, quello di Martini, è andato perso e<br />

non può essere giudicato. Restano, invece, i testi di un qualche livello artistico<br />

pubblicati sui giornali partigiani, per lo più sul «Nostro Giornale». Nell’edizione<br />

del 10 giugno 1944 troviamo un testo di alto valore documentario, ma anche<br />

di discreto livello letterario, firmato da Franco Marti sull’eccidio nazifascista di<br />

Lipa in Istria:<br />

Trecento creature umane, tutte donne, bambini e vecchi, torturati, massacrati,<br />

bruciati vivi nelle proprie case. Questa è Lipa.<br />

Cadaveri di bimbi di tre anni abbracciati alla mamma violentata e uccisa; occhi<br />

di fanciulle strappati dalle orbite; vegliardi scannati, orgia di sangue e bestialità.<br />

Questa è Lipa.<br />

Lipa è il nazismo, la suprema espressione della ferocia umana, la sintesi terrificante<br />

e macabra di tutti i delitti più spaventosi commessi in Istria e dovunque<br />

dalle belve sanguinarie di Hitler.<br />

Il nome di Lipa è stampato come un marchio rovente nel cervello del combattente<br />

del popolo. È un grido di vendetta. È un grido di aiuto dell’Istria insanguinata.<br />

(…) L’urlo delle vittime di Lipa è ancora nell’aria, lacerante e atroce. Chi chiama,<br />

non ammette esitazioni.<br />

Brani di un certo valore letterario (dettati quasi sempre dalla morte di qualche<br />

combattente, perché non c’è nulla che abbia inciso così in una zona al cui<br />

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