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Le parole rimaste - Edit

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Mario Schiavato<br />

Nell’Eredità della memoria (la continuazione di Terra rossa e masiere che si arrestava<br />

all’esodo) l’orizzonte dell’esperienza di Schiavato si è ampliato e arricchito:<br />

la sua vocazione personale di cantore di un mondo in estinzione, quello<br />

dell’ultima civiltà contadina del mondo istriano e il destino collettivo dei suoi<br />

contemporanei, si sono saldati in un’altra opera narrativa di elevato spessore,<br />

che affonda le sue origini in vicende lontane e vicine. Un affresco di grande valore<br />

storico-documentario emerge, infatti, dalle due storie semplici di Andrea,<br />

della sua vicina di casa Cetta e delle loro famiglie, i Manzin e i Benussi, vissute<br />

all’epoca del secondo conflitto mondiale, e poi del dopoguerra, ma anche nella<br />

realtà odierna.<br />

La tensione etica di Schiavato, la sua ricerca moderna, irrequieta mobile e penetrante,<br />

fa riaffiorare il mito della memoria e della sua eredità, nei ricordi lontani<br />

e vicini: con una raffinata modulazione di toni introspettivi ed evocativi, oltre<br />

che realistici, l’autore avverte lo spaesamento esistenziale, l’assenza di certezze<br />

dei contadini istriani che, senza credere ad ideologie esaltanti, hanno subìto la<br />

cruda realtà del dopoguerra nella ex Jugoslavia sotto l’urto e la violenza della<br />

storia, perdendo anche quel senso di totalità che solo il primigenio contatto con<br />

la natura poteva assicurargli.<br />

Quello che colpisce ancora una volta è la potenza della semplicità, della genuinità<br />

di Schiavato. Il microcosmo dell’ “ultima civiltà contadina” diventa il punto<br />

di osservazione della dura condizione esistenziale vissuta dai suoi personaggi,<br />

di cui egli coglie sofferenze nascoste e realtà profonde: anche i profili di Andrea<br />

e di Cetta e dei personaggi minori si determinano gradualmente, in una prosa realisticamente<br />

rappresentativa delle loro motivazioni psicologiche ed esistenziali,<br />

spesso improntate a lirismo e ravvivate, ancora una volta, da un interessante repertorio<br />

linguistico. C’è, anche qui, il senso profondo di una coralità, attraverso<br />

la quale essi esprimono la drammaticità del quotidiano.<br />

Romanzo di grande spessore L’eredità della memoria, dà voce, dunque, a quella<br />

microepica popolare del mondo contadino che proietta sullo scenario della<br />

grande storia le microstorie dei suoi personaggi: echi del fascismo e del secondo<br />

conflitto mondiale, il mutamento di regime, i traumi sociali, gli sconvolgimenti<br />

politici e ideologici, le rivalse, le vendette; infine l’esodo tragico, i paesi abbandonati,<br />

il doloroso assestamento di chi è rimasto, radicato alle proprie terre, lo<br />

stillicidio delle partenze e dei brevi ritorni, l’urbanizzazione, l’ultima guerra che<br />

ha sconvolto la Jugoslavia, i drammi che si consumano. Vite infrante, legami interrotti,<br />

ambienti sconvolti, assenza di senso emergono in questo romanzo, in<br />

cui l’autore riesce a trasfigurare e oggettivare figure e immagini tratte dalla memoria<br />

collettiva e individuale.<br />

Emergono destini avversi, liti, contrasti, amori, nascite, morti ma anche volontà<br />

annullate da un fatale scacco sociale-ideologico-generazionale.<br />

I contadini istriani, vissuti in una concezione arcaica del tempo, ancorati a<br />

vecchi saldi valori del mondo rurale, portati a vivere con un ritmo immutabile,<br />

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