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Le parole rimaste - Edit

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Una voce fuori dal coro: Osvaldo Ramous<br />

gazzino i grandi cronisti del tre o quattrocento italiano, così scheletrici e, apparentemente,<br />

freddi 435 .<br />

Il rapporto più sentito e complesso di Ramous con la città natale si trova<br />

proprio nelle pagine de Il cavallo di cartapesta. Numerose sono le testimonianze<br />

epistolari di tentativi fatti con vari editori per pubblicarlo, perché gli stava particolarmente<br />

a cuore. Il romanzo è rimasto a lungo inedito un po’ per questioni<br />

nelle quali l’interesse privato era prevalso sull’interesse letterario, un po’ per<br />

questioni di stile. In una lettera a Eraldo Miscia spiega le ragioni dello stile scisso<br />

usato nel romanzo:<br />

Io volevo svelare la vera anima della mia travagliata città, la quale è protagonista<br />

di tutta la vicenda. Fiume è una città tutta particolare ed in un certo senso sconosciuta.<br />

Si trova in uno dei punti più critici d’Europa. Anche nei secoli passati,<br />

la lingua, la cultura dei suoi abitanti erano italiane, quantunque l’origine di questi<br />

abitanti fosse piuttosto varia (la latinità ha una forza d’assimilazione potentissima).<br />

Ora io volevo cogliere due momenti della sua storia: quello in cui l’italianità<br />

venne sancita politicamente, e l’altro in cui l’italianità venne bruscamente cancellata.<br />

Questi due momenti storici sono rappresentati dalla prima e dalla seconda<br />

guerra mondiale. <strong>Le</strong> persone che hanno assistito a tutti i due momenti storici<br />

erano necessariamente giovanissime al tempo della prima guerra, e non potevano<br />

quindi vivere in pieno gli avvenimenti, ma ne furono inconsciamente plasmati.<br />

Ecco perché la prima parte del romanzo (...) più che altro è una pittura d’ambiente<br />

che viene troncata nel punto in cui l’italianità politica di Fiume è virtualmente<br />

conseguita. L’impresa dannunziana è un episodio a sé che si svolge già nella<br />

piena italianità di Fiume, anche se la città non era ancora formalmente annessa<br />

all’Italia. Ecco perché l’ho staccata dal prologo e la faccio rivivere nella memoria<br />

di Roberto, il personaggio principale del romanzo. Il quale Roberto viene portato<br />

subito in piena seconda guerra mondiale. La formazione della sua personalità<br />

è avvenuta al tempo della prima guerra, di cui conserva in sé il sigillo incancellabile.<br />

Egli appartiene ad una generazione che si è fatta le ossa in un periodo di<br />

fame, di avvenimenti straordinari sì, ma ancora confinati nell’ambito storico, non<br />

brutale, che potrebbe essere considerato come una propaggine dell’Ottocento.<br />

Il cavallo di cartapesta (...) io l’ho scritto con lo scopo di rivelare lati sconosciuti<br />

della situazione storica che ha determinato l’attuale stato della mia città. Ho voluto<br />

render noti certi equivoci che sono ignorati da chi non li conosce per propria<br />

esperienza, e che furono determinanti per la sorte attuale di questa zona 436 .<br />

435 <strong>Le</strong>ttera a Widmar datata 19 marzo 1971, custodita presso l’Archivio di famiglia.<br />

436 <strong>Le</strong>ttera a Eraldo Miscia datata 22 giugno 1969, custodita presso dall’Archivio di famiglia.<br />

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