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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo VI | Dire in dialetto<br />

Può però succedere che, qualche volta, svegliandosi (Voia de viver [Voglia di<br />

vivere], 1986), alla vista delle «iosse de rosada /impirade come perle», il cuore<br />

faccia una capriola di schietta allegrezza e «per un ninin / anche se no’ ‘l xe giovine<br />

/ el torna moscardin» 1154. O anche che dichiari esplicitamente Voio vardar in<br />

avanti: «Ogi me go infassado el colo / per no’ voltarme indrio / perchè no voio<br />

veder / la mia ombra per tera / nè quel che iero...» 1155.<br />

La poesia occasionale<br />

Talvolta la Barlessi avverte irrefrenabile l’impulso di commentare in versi gli<br />

accadimenti belli e brutti che più colpiscono la sua sensibilità. Condanna e privilegio<br />

è la possibilità di scorgere dietro di sé, all’improvviso, il nulla, il vuoto di<br />

una realtà inesistente e inconsistente, di un mondo come proiezione del soggetto<br />

e non come fenomenologia, come direbbe Schopenhauer. L’unica realtà certa<br />

in un mondo di fragili parvenze è costituita dagli oggetti, da quelli della quotidianità<br />

più routinière a quelli epifanici, che prospettano un itinerario di salvezza.<br />

Nascono così quelle che abbiamo definito le poesie occasionali, come El censimento<br />

[Il censimento] (1989), El circo [Il circo], Primavera nucleare sul disastro di<br />

Cernobyl, Saria bel [Sarebbe bello] (1993), dedicata all’Anno della Pace, De novo<br />

remitur [Nuovamente baccano] sull’11 settembre 2001 a New York, che sono<br />

più che altro un pretesto ora ludico ora polemico, qualche volta stiracchiato, o<br />

un solipsistico divertissement rimato. Quando invece lo spunto riesce a superare<br />

il pedissequo, approda ad esiti pregevolissimi, come in Se ga fato deserto [Si è fatto<br />

il deserto], scritta non a caso nel 1993, uno degli anni della guerra in Croazia,<br />

che provocò un nuovo esodo di giovani, le residue forze vitali della minoranza,<br />

verso il Bel Paese. Il dato contingente spinge la Barlessi ad allargare metaforicamente<br />

il discorso ad altre partenze, alle dipartite sempre più numerose prosciuganti<br />

la striminzita comunità rimasta, in un drammatico crescendo finale reso<br />

con pungente efficacia espressiva: «... Partense / solo partense / e pian pianin<br />

/ sparirà tuti / Alora l’anagrafe / trasferida in cimitero / ghe contarà ai cipressi<br />

/ che noi ierimo qua 1156».<br />

È forte la presenza oggettuale, in particolare la presenza dell’oggetto-metafora in<br />

El vestito sbregà [Il vestito strappato]: «E tuto per quel salto / oltra la graia / che<br />

bisognava far // Saltemo... No saltemo / Sì, no... no, sì... / Via! // Un sbrindo-<br />

1154 Da Voia de viver [Voglia di vivere]: «... e per un momentino / anche se non è giovane / torna<br />

sbarazzino».<br />

1155 Da Voio vardar in avanti [Voglio guardare avanti]: «Oggi mi sono fasciata il collo / per non voltarmi<br />

indietro / perché non voglio vedere / la mia ombra per terra / né quello che fui».<br />

1156 Da Se ga fato deserto [Si è fatto il deserto]: «...Partenze, solo partenze / e pian pianino / spariranno<br />

tutti / Allora l’anagrafe / trasferita al cimitero / racconterà ai cipressi / che noi fummo qui».

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