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Le parole rimaste - Edit

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Una voce fuori dal coro: Osvaldo Ramous<br />

sta una ricostruzione salutare perché proietta in maniera virtuale ciò che non c’è<br />

più, che non potrà essere ricostruito, ma nel contempo – grazie alla memoria<br />

– non potrà venir distrutto mai. Dall’altro lato ci sono considerazioni su temi<br />

contemporanei, scambi di vedute sulla società e commenti sui nuovi indirizzi<br />

letterari. <strong>Le</strong> lettere sono tanto più preziose in quanto riportano agli anni del secondo<br />

dopoguerra, all’epoca delle opzioni, quando si trattò di dare un indirizzo<br />

decisivo al proprio destino. E davvero il luogo di residenza determina un destino<br />

radicalmente diverso per Ramous che rimane e per Morovich che va esule in<br />

Italia. Il secondo, sebbene in tarda età, viene riconosciuto dal pubblico italiano.<br />

Il primo resta, invece, per il vasto pubblico dell’Italia, un perfetto estraneo. Ramous<br />

è rimasto ancorato ad una realtà specifica, quella della comunità italiana<br />

sopravvissuta in queste terre in un periodo tra i più travagliati, in un ambiente<br />

di confine che vede alterarsi più volte il volto della città. Amare la propria città<br />

anche quando per le strade si sente una “lingua che non conosco” e anche<br />

se spesso ci si “ritiene esule su questa terra” non vuol dire necessariamente fermarsi<br />

a un campanilismo obsoleto ma può diventare un paradigma di modernità,<br />

quello che vede l’uomo cittadino del mondo, come spesso ha amato definirsi<br />

lo scrittore, trovandosi in comunione ideale con altri autori, non solo italiani,<br />

croati, serbi, montenegrini, sloveni ma pure portoghesi, brasiliani, svedesi: “qui<br />

come dappertutto”.<br />

A contribuire alla conoscenza e alla divulgazione delle opere di Osvaldo Ramous<br />

sono stati i tanti scritti a lui dedicati, sia sotto forma di articoli che di traduzioni<br />

449. A parte le tre raccolte di poesie (50 poesie, La parola nel tempo e Viaggio<br />

quotidiano), pubblicate con le rispettive traduzioni in croato a fronte 450, altri<br />

scrittori hanno pubblicato, su varie riviste jugoslave, poesie di Ramous tradotte<br />

in croato, in serbo e in sloveno 451. Alle traduzioni di questi sono da aggiungere<br />

quelle in francese (André Charmel), tedesco (Piero Rismondo, Ina Jun Broda,<br />

Duša Kasimir), portoghese (Ribeiro Cuoto), svedese (Anders Osterling),<br />

spagnolo (Ariel Canzani, Attilio Dabini) e inglese (Diana Wormuth e Richard<br />

Patt) 452. Ramous consegue numerosi premi e riconoscimenti. Si pensi alla se-<br />

449 Tra i critici più autorevoli vanno citati: Elio Filippo Acrocca, Silvio Benco, Libero Bigiaretti,<br />

Mirko Božić, Ante Cettineo, André Charmel, Lino Curci, Massimo Grillandi, Patrizia Hansen,<br />

Ugo Longo, Alessandro Damiani, Ternay Kalman, Eraldo Miscia, Enrico Morovich, Paolo<br />

Santarcangeli, Eros Sequi, Franco Vegliani, Giuseppe Villaroel, Biancastella Zanini, Roberto<br />

Dobran, Cristina Benussi, Gianna Mazzieri Sanković.<br />

450 Curate da Danko Andjelinović, Drago Ivanišević, Augustin Stipčević, Šime Vučetić, Ante<br />

Cettineo e Karmen Milačić.<br />

451 Vanno ricordati almeno Vladan Desnica, Dinko Sirovica, Ljubo Brgić e Jaša Zlobec.<br />

452 Diana Wormuth ha tradotto 33 poesie tratte dalla raccolta Realtà dell’assurdo con il titolo Reality of<br />

the Apsurd-Selected poems presso lo Stabilimento tipografi co di Fiume nel 1975. A sua volta Richard<br />

Patt si è dedicato alla traduzione delle poesie di Pietà delle cose, pubblicandone alcune in «The<br />

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