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Le parole rimaste - Edit

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382<br />

Capitolo IV | Dall’era del socialismo reale<br />

zione della poesia del Carducci, ricca di senso storico; sul versante opposto rileva<br />

la brama di perdizione dei poeti maledetti, lo sbigottimento di Kafka di fronte<br />

all’esistenza; mentre Goethe si innalza, secondo lui, nell’aureola di ultimo dei<br />

grandissimi, capace di sintesi storiche di eventi decisivi per l’umanità.<br />

Possiamo dedurre da queste pagine la chiarezza logica, il rigore dialettico, il<br />

problematismo, la formazione culturale, caratterizzata anche da contraddittorie<br />

tensioni di Alessandro Damiani; costretto a vivere nell’attuale società e cultura di<br />

massa, nel mondo della molteplicità e della dispersione, è conscio della sua mancanza<br />

di idee e passioni unificanti, del suo gusto del frammento o della scelta della<br />

parzialità, avverte le sempre maggiori dicotomie tra le speranze di un tempo e la<br />

realtà contemporanea, di cui offre una sempre più matura rappresentazione.<br />

Gorkij, Majakovskij, Neruda, Brecht, sono, secondo lui, gli antesignani di un<br />

settarismo, ch’egli preferisce, comunque, al narcisismo contemplativo di Proust.<br />

In questo interessante quadro della cultura del Novecento l’autore conduce la<br />

sua indagine entro la propria esperienza culturale con una tensione acuminata,<br />

proiettandola nella grande storia, aggirando da più parti ciò che vuol mettere<br />

in luce: vede la totalità del secolo ventesimo in Joyce o nell’illuminazione gelida<br />

delle componenti sgretolate del mondo novecentesco di Sartre, o ancora in<br />

quello di Neruda; mentre attribuisce a Pasolini una posizione atipica dal momento<br />

che trae, secondo lui, la propria ispirazione poetica dal paradosso di non<br />

saper “privilegiare un aspetto della propria personalità sacrificando l’altro a lui<br />

altrettanto indispensabile – religiosità senza Dio e marxismo metastorico” 709.<br />

Ripercorre gli itinerari culturali di vari altri grandi quali Majakovskij, Orazio,<br />

Borges che si diramano in direzioni diverse, ma è soprattutto il suo impegno<br />

esistenziale e il nucleo robusto di pensiero che lo sostiene a indurlo a cercare<br />

possibilità di soluzione alla crisi, passando attraverso profonde revisioni all’interno<br />

di ogni sistema, riesami ideologici e trasformazioni strutturali. Passando<br />

da Adam Smith a Karl Marx, dallo stalinismo al socialismo (le cui conquiste, secondo<br />

l’autore, non possono essere mortificate ulteriormente) vari sono gli interrogativi<br />

che Damiani si pone nel suo sforzo conoscitivo, espresso in un tono<br />

sempre sorvegliato e severo, continuo e stringente.<br />

<strong>Le</strong> ultime pagine di questo intenso discorso politico-culturale che ha assunto<br />

anche la configurazione di un sofferto esame di coscienza, sono dedicate al<br />

patrimonio culturale del gruppo nazionale italiano, di cui evidenzia la vitalità, la<br />

storia travagliata, l’inserimento in un’area che comprende le tre maggiori culture<br />

europee; chiarendo le sue peculiarità, le sue componenti e le sue relazioni con<br />

il contesto storico-culturale, mette in luce i suoi contributi nel solco della mitica<br />

Mitteleuropa, la funzione di raccordo della minoranza italiana tra l’Italia e la Jugoslavia,<br />

la riaffermazione di una legittimità storica e la necessaria fiducia che si<br />

709 ALESSANDRO DAMIANI, Restare ad Itaca... cit., p. 130.

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