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Le parole rimaste - Edit

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Capitolo IV | Dall’era del socialismo reale<br />

tidiano «La Voce del Popolo» e la rivista trimestrale «La Battana», accentrando<br />

inoltre l’editoria scolastica e la pubblicazione di opere in volume degli scrittori<br />

e poeti della comunità italiana. A comprova che, sia pure più che dimezzata,<br />

anzi ridotta a meno di trentamila individui, la comunità italiana dell’Istria e Fiume<br />

era sopravvissuta, e la sua letteratura non si era spenta. Sequi, che non era<br />

mai rimasto inerte, né mai aveva gettato la penna alle ortiche, fece la spola tra<br />

Belgrado e l’Istria, dando un prezioso contributo alla creazione di nuove pagine<br />

della letteratura degli italiani di queste terre. Ancora una volta, in quest’opera,<br />

si troverà accanto un gruppo di scrittori che nell’ormai “lontano” immediato<br />

dopoguerra, erano arrivati dall’Italia rincorrendo i loro ideali di giustizia e di riscatto<br />

sociale, scegliendo l’Istria e Fiume come loro nuova patria. Alcuni, come<br />

Mario De Micheli e Antonio Ernazza, erano rientrati in patria dopo aver subito<br />

il carcere ed altre disavventure per “cominformismo”; erano rimasti Giacomo<br />

Scotti e Sergio Turconi che, al fianco di Sequi, Martini, Ramous e di alcuni nuovi<br />

giovani poeti e scrittori in erba, continuarono un’operosa e fruttuosa collaborazione<br />

con gli operatori culturali “di casa”.<br />

Con le opere di Ramous e di Sequi del periodo ‘51-’ 53 si cominciò a “uscire<br />

dalla vaghezza delle aspirazioni” per usare un’espressione di Alessandro Damiani,<br />

che giunto pure lui dall’Italia nel 1948, si unirà molto più tardi alla schiera degli<br />

scrittori e poeti, dopo aver fatto per diversi anni l’attore. Aspirazioni che presero<br />

a materializzarsi nei risultati, appunto, di Ramous e di Sequi, mentre stava<br />

sviluppandosi “ un’idea, che era in boccio dall’immediato dopoguerra” 461. Non<br />

va dimenticato, inoltre, che il diario e la prima silloge poetica di Sequi “serbano<br />

un grado di validità” che conferisce all’autore “il merito di aver promosso una<br />

svolta culturale” alla quale contribuì da altre posizioni Osvaldo Ramous. Alessandro<br />

Damiani non manca però di ricordare che Sequi con le sue prime opere<br />

di narrativa e poesia, e Ramous con l’opera di teatro e di poesia (aggiungendo,<br />

per la drammaturgia, anche Pietro Rismondo, che però non restò a lungo in<br />

queste terre), “pur nella diversità di collocazione letteraria, erano emblematicamente<br />

portatori di patrimoni culturali, i quali avrebbero costituito il tramite tra<br />

la cultura tout court e una letteratura nascente”. In realtà l’uno e l’altro erano portatori<br />

di tendenze post-ermetiche e neorealistiche della letteratura appenninica,<br />

e se per Sequi il post-ermetismo era soltanto una reminiscenza e si manifestava<br />

in sottofondo, in Ramous esso era abbastanza presente. Queste tendenze vennero<br />

trasmesse ai più giovani “compagni di viaggio” che, a loro volta, erano più<br />

legati alla linea dell’impegno sociale e subivano al tempo stesso qualche influenza<br />

del realismo socialista jugoslavo. Per Damiani<br />

461 ALESSANDRO DAMIANI, Aspettando lo scrittore istriano... cit., p. 136.

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