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Le parole rimaste - Edit

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54<br />

Capitolo I | Il contesto storico<br />

estraneità rispetto ad una società che era mutata completamente. 47 L’alternativa<br />

era costituita dall’abbandono della propria terra, unica scelta possibile per<br />

“non sentirsi stranieri in casa propria”.<br />

A livello ufficiale, invece, la nuova Jugoslavia esordì con la politica della<br />

“fratellanza italo-slava”, alla quale i nuovi poteri popolari rimasero, almeno<br />

a <strong>parole</strong>, fedeli fino a quando la crisi del 1948 nei rapporti con il Cominform<br />

indusse il governo di Belgrado a mutare linea. Al di là delle declamazioni teoriche<br />

e propagandistiche, quanto a contenuti politici, tale linea non prevedeva<br />

affatto un’autentica parità di condizioni fra il gruppo nazionale italiano<br />

e quelli sloveno e croato viventi in Istria, ma si limitava a consentire al mantenimento<br />

nello Stato socialista jugoslavo di una componente italiana in tutto<br />

e per tutto conformista rispetto agli orientamenti ideologici e nazionali del<br />

regime. Agli italiani, dunque, era permesso di partecipare all’edificazione del<br />

socialismo sulla base del contributo da loro dato alla lotta di liberazione, ma<br />

la costruzione del socialismo significò in concreto la distruzione delle basi si<br />

cui si fondava il ruolo tradizionalmente svolto dalla componente italiana nella<br />

società istriana e, in ultima analisi, l’eliminazione di qualsiasi forma di potere<br />

economico, sociale e culturale del gruppo nazionale italiano.<br />

Un segnale molto chiaro della frattura che si delineava tra la popolazione<br />

e le autorità, fu l’abbandono dell’Istria, assieme alle altre categorie sociali, di<br />

una consistente parte della classe operaia, che nel 1945 aveva sostenuto l’annessione<br />

alla Jugoslavia. Così a Pola, durante la visita della Commissione alleata<br />

per la definizione dei confini, il 22 marzo del 1946, la classe operaia capeggiò<br />

la manifestazione filo-italiana sventolando la bandiera rossa. I motivi<br />

che portarono a tale mutamento di posizioni sono riconducibili al progressivo<br />

divario apertosi tra le aspettative di una classe, come quella operaia polese,<br />

di orientamento internazionalista, che nella costruzione del “socialismo”<br />

in Jugoslavia vedeva la realizzazione del suo sogno rivoluzionario, ed il manifestarsi<br />

invece di un nazionalismo comunista croato, che in ogni atto ed intervento<br />

evidenziava la preminenza di contenuti nazionali e statuali su quelli<br />

di classe 48.<br />

Ad ogni modo, la rottura definitiva fra il proletariato italiano dell’Istria, e più<br />

in generale fra i comunisti italiani ed il comunismo jugoslavo avvenne al momento<br />

dell’espulsione del Partito comunista jugoslavo (PCJ) dal Cominform,<br />

47 Nel ricordo degli esuli, la paura appare al centro delle motivazioni dell’esodo; così come vivo<br />

è il ricordo del ribaltamento dei ruoli sociali che le nuove culture portavano, vedi il volume di<br />

GLORIA NEMEC, Un paese perfetto. Storia e memoria di una comunità in esilio: Grisignana d’Istria 1930-<br />

1960, Gorizia, 1999.<br />

48 PASQUALE DE SIMONE, Memorie sull’Istria della Resistenza e dell’esodo, Gorizia, 1971; GUIDO MIGLIA,<br />

Dentro l’Istria. Diario 1945-1947, Trieste, 1973; LILIANA FERRARI, “L’esodo da Pola”, in Storia di un<br />

esodo, cit., pp.145-214.

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