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Le parole rimaste - Edit

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Una voce fuori dal coro: Osvaldo Ramous<br />

Franco mette in rilievo questa definizione scientifica e vuol vedere l’effetto che<br />

farà su <strong>Le</strong>andro. Ma questi non si scompone:<br />

- Te l’ho già detto: a che mi serve conoscere la distanza in cifre, se non la capisco?<br />

Se non riesco a farmene nemmeno un’idea? Tu mi dici: milioni e milioni di<br />

chilometri. Oppure: venti anni luce. Che me ne faccio di queste cifre e di queste<br />

<strong>parole</strong>, se la mia immaginazione non mi farà mai sentire che cos’è un milione,<br />

e tanto meno quale vera distanza può compiere la luce in un anno? Quello che<br />

non immagino non lo sento; e ciò che non sento non lo vivo.<br />

I gabbiani sul tetto è un romanzo che si colloca a pieno titolo nella narrativa novecentesca<br />

sia per il linguaggio sciolto e per una sintassi sorvegliata, attenta a non<br />

cadere nell’artificio, sia per il motivo dominante, quello della solitudine che sfocia<br />

nell’inettitudine. La trama, esile, priva di avvenimenti e di intreccio, è riassumibile<br />

in poche righe: Valerio è appena tornato dal carcere (dove è rimasto per<br />

un anno e mezzo) e si attende un’accoglienza calorosa dalla moglie Camilla, la<br />

quale invece non è disposta a perdonare. Ogni tentativo di comunicazione fra i<br />

due sfocia in liti e incomprensioni, accentuate ulteriormente da richiami di episodi<br />

di vita passata. Attraverso il meccanismo della memoria, il lettore viene a conoscere<br />

l’infanzia dei due personaggi, il momento dell’amore e del matrimonio,<br />

i tradimenti di Valerio, il loro lavoro, tutti gli episodi salienti delle rispettive esistenze.<br />

Non essendo possibile il dialogo e la riconciliazione, smascherate le “due<br />

realtà”, ossia i due modi diversi di vivere un medesimo passato, a Camilla non rimangono<br />

che il silenzio e la chiusura in sé. Valerio sceglie invece il suicidio.<br />

L’azione oscilla tra presente e passato, ricordo e momento presente si confondono,<br />

tanto che la vita onirica sembra sciogliersi nel momento reale. Dopo<br />

aver fatto uno strano sogno, Camilla non distingue più tra realtà dei fatti avvenuti<br />

e ‘realtà’ del sogno. Valerio, appena uscito dal carcere, vuole crearsi una<br />

nuova esistenza, in pieno contrasto con la sua natura di uomo insicuro e alla<br />

continua ricerca di sé. La sua figura non viene fissata, né assolta, né condannata,<br />

ma diventa ambigua e confusa. Il passato rimane per Valerio un’”ombra” con la<br />

quale dovrà fare sempre i conti. Il ricordo, insomma, presenta una molteplicità<br />

di prospettive e di valutazioni, perché la medesima situazione viene presentata<br />

diversamente dai personaggi, nei quali, se ci sono ripensamenti, essi riguardano<br />

solo il rimorso di aver preso nella vita una decisione al posto di un’altra che ne<br />

avrebbe modificato il corso.<br />

Lo stile narrativo si riallaccia alla tradizione letteraria di introspezione psicologica<br />

e traduce una visione monotona e opaca della vita, dovuta all’inettitudine<br />

e all’incapacità di reazione dei personaggi. L’attenzione per i conflitti interiori,<br />

strettamente intrecciata al motivo del ricordo, si manifesta quale inquietudine<br />

dovuta all’aggrovigliarsi dei dubbi nell’intimità problematica della coscienza. I<br />

personaggi ne sono consapevoli, condannano la propria inerzia, ma non riescono<br />

a rimuoverla.<br />

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