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Le parole rimaste - Edit

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394<br />

Capitolo IV | Dall’era del socialismo reale<br />

ti perdenti del nostro mondo, lo scrittore avverte che la slealtà, la calunnia, la<br />

corruzione sono ormai eretti a sistema di vita, fanno parte della nostra civiltà.<br />

Vissuto in Istria, di cui ha apprezzato le diverse espressioni culturali, egli ha<br />

strenuamente sostenuto e difeso la componente italiana e il suo patrimonio<br />

cultu rale in un contesto difficile per la sua sopravviven za, ma sente ormai di dover<br />

uscire dal proscenio di Fiume, sua città d’elezione, la città che “ha subito –<br />

com’egli dice – la perdita d’identità, a seguito della frattura senza rimedio nella<br />

propria continuità storica” 731.<br />

Dopo il fallimento di miti e ideali, il suo scenario si fa sempre più scabro. Damiani<br />

avverte la propria eccen tricità a qualsiasi chiesa o ideologia e la propria<br />

irrecu perabile emargina zione di “viandante ideologico” “delegittimato, inutentico,<br />

alieno” 732, che pure ha combat tuto e operato per molti anni nell’area istrofiumana<br />

come scrittore impegnato, come scrittore di frontiera: “Mi sento un<br />

po’ come un atleta che dopo aver partecipato con pregio a delle gare, si accorge<br />

a fine partita di essersi sbagliato di stadio (...). E adesso? Non dispongo di energie<br />

né di voglia per affrontare altre sfide” 733.<br />

Vi è forse, negli ultimi capitoli dai titoli emblematici La rinuncia, Notturno e<br />

Congedo, la ricerca di un “altrove” utopico che non c’è, che non può più esserci.<br />

Una fuga nell’ano nimato, nell’isolamento orgoglioso e risentito. L’affer mazione<br />

del personaggio rimane – alla fine – nella consapevolezza intangibile, disperata<br />

del proprio orgoglio morale, dell’utopia che era alla base del suo credo politico<br />

e che nessuno può intaccare. Rimane nei propri ricordi vitali e nella lieve ironia<br />

o autoironia con cui riesce a non farsi travolgere dalla disperazione, a osservare<br />

con impassibilità le ceneri del proprio mondo interiore e a tessere il proprio<br />

dialogo con la morte.<br />

“Non sono io ad andarmene. È la realtà che mi lascia, si allontana, si oscura.<br />

Come le immagini sul video quando l’apparecchio si spegne, e resta lo schermo<br />

opaco. Svanita la magia scenografica, rimango solo. La morte. È un privilegio la<br />

cognizione della fine?” 734.<br />

Da tale estremo punto d’osservazione si intravedono la sua estraneità verso il<br />

presente e la sua inconciliabile presa di distanza dal mondo sullo sfondo corale<br />

di un’intera epoca che precipita; e solo gli esclusi, i perdenti sembrano mantenere<br />

la loro umana autenticità, la loro autocoscienza non alienata.<br />

Fluttuando fra autobiografismo e perspicace scorporamento indagativo delle<br />

traversie del mondo (di carattere saggistico, che via via si affievolirà, senza dis-<br />

731 Ivi, p. 140.<br />

732 Ivi, p. 146.<br />

733 Ibid.<br />

734 Ivi, pp. 153-154.

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