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Le parole rimaste - Edit

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502<br />

Capitolo V | La seconda stagione: dal «noi» all’«io» (1963-1974)<br />

ture e civiltà. Genti che non hanno capito i valori ambientali né degli spazi agresti,<br />

né degli edifici urbani, minando un equilibrio che si era mantenuto per secoli.<br />

E allora la Comunità degli italiani, orgogliosa e depositaria dell’“essere” dignanese,<br />

ha deciso che bisognava cominciare a costruire gli argini al degrado ulteriore,<br />

partendo dallo studio delle radici, delle tradizioni, e dal recupero della cultura<br />

materiale, degli edifici, di tutto ciò che attiene a Dignano e alla sua storia.<br />

Il saggio Una comunità autoctona in dispersione 852, scritto assieme a Giorgina<br />

Kutić, illustra un aspetto particolare dei riti dignanesi completamente perduti,<br />

superati e quasi del tutto dimenticati o ignorati, unitamente ad un approccio<br />

comparativo di carattere onomastico e locale tra alcune Comunità della regione.<br />

Una ricerca che attraverso una serie di materiale documentario indaga la<br />

produzione culturale popolare e quella di prestigio della società dignanese di un<br />

tempo, auspicando e prefiggendosi come ultimo di arrivare a un orizzonte più<br />

vasto per un risultato di indagine comparata per tutto il territorio di presenza<br />

insediativa della CNI.<br />

Ogni lavoro di Anita Forlani è frutto di lunghe ricerche e porta avanti un discorso<br />

che, oltre a porsi degli obiettivi, apre dei quesiti fondamentali. <strong>Le</strong> sue frequenti<br />

incursioni nel campo delle tradizioni e della cultura dell’ambiente dignanese<br />

(e non solo) illuminano la vita di una comunità (e di una civiltà) un tempo vivace<br />

e sicura, legata a determinati valori etici, che oggi sono in via di sparizione. Il<br />

recupero del patrimonio culturale, oltre a salvare un piccolo mondo dal degrado<br />

antropologico, conferisce dignità e valorizza le esperienze di coloro che prima di<br />

noi ci sono vissuti. Indagando per settori, la ricercatrice aumenta mano a mano il<br />

numero dei tasselli che saldandosi vanno ad offrire una fisionomia unitaria quanto<br />

più complessiva della materia. Nel suo lungo percorso, la Forlani è stata un’attenta<br />

raccoglitrice, quasi una collezionista di piccoli reperti, indizi, carte, documenti,<br />

ecc., col risultato di ritrovarsi tra le mani preziose testimonianze di ‘vita’ che<br />

chiedevano voce. Il suo impegno, vissuto quasi come missione, ha fatto insorgere<br />

nell’ambiente dignanese l’interesse per le radici, coinvolgendo molti ragazzi, giovani<br />

e meno giovani. Il Gruppo storico-etnografico della locale Comunità nasce<br />

proprio così, per induzione di amore e di energia comunicati agli altri. Coronata da<br />

particolare successo è stata la ricerca di un gruppo di alunni su palazzo Bettica e<br />

presentata in una simpatica monografia 853. Vanno inoltre ulteriormente sottolineati<br />

il rigore scientifico, il discorso chiaro, la fedeltà a una visione che guida alla<br />

comprensione e alla conseguente comunicazione delle conoscenze.<br />

852 Pubblicato in Civiltà Istriana, ricerche e proposte – a cura di NELIDA MILANI, Centro di Ricerche<br />

Storiche di Rovigno, Etnia, Extra serie n.1, UI–UPT, Società Pietas Iulia – Pola, Trieste-<br />

Rovigno 1998, pp. 29-48.<br />

853 ELIS GEROMELLA BARBALICH, «La Voce del Popolo», Un fi ore di palazzo che sta avvizzendo – Un gruppo<br />

di ragazzine in gamba, guidato da Anita Forlani, 22 luglio 1986, p.7.

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